Linfa, Birranova

Una giornata senza pretese, una partita a calcetto ed una serata con un po' di involontaria autonomia.

Il mood con cui mi appresto a sorseggiare una pinta di Linfa, proprio dalle mani e dal bancone di casa di Birranova, mi predispone bene a conoscere ancora meglio questa birra.

Molto schiumosa nel bicchiere, bionda di un limpido color paglierino invita ad essere attentamente annusata, ed un fresco profuno di erbaceo e fieno mi allieta.
Uno dei luppoli che Donato ha usato è il neozelandese Nelson, e questo ed altri sentori floreali, snelli e pungenti insieme, affascinano di sicuro a primo impatto.
L'attacco in bocca mi piace, è morbido ma coronato con discrezione da una frizzantezza leggera che la rende amabile.
Il maltato viene fuori deciso, insieme a sensazioni di fruttato come pesca o albicocca.



Pur essendo diventato altro, lo stile di partenza pare sia stato una Kölsch, birra che ho saputo essere abbastanza introvabile in Italia, ed i quali imitatori so essere comunque lontani dal fresco prodotto originale dalla vita breve, che fa man bassa nella sua zona di Colonia. Lì nel suo luogo di nascita e di consumo pare non faccia neppure in tempo ad essere esportata proprio per la sua freschezza che trova il suo optimum in una forte richiesta da parte dei tedeschi stessi.



Ma a testimoniare quanto nel panorama brassicolo, oggi e soprattutto sulla scena italiana, la definizione dello stile sia solo relativa, c'è da ribadire il 3° posto conquistato dalla Linfa al recente concorso Unionbirrai Birra dell'Anno 2011, in cui è stata presentata nell'affollatissimo girone dantesco della categoria Birre a basso grado alcolico, di ispirazione anglosassone (!).

Osservazione che da sola vale tutta la descrizione della sua complessità, che mi risparmio e che probabilmente in parte ancora ignoro!

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