Durante i mesi scorsi ho avuto la possibilità di bere qualcosa che non mi capitava da tempo.
Grazie alle dritte dell'amico Daniele Cogliati ho acquistato dal beershop online beerdome.cz una buona selezione di birre della Repubblica Ceca. Mi mancava da tempo poter bere qualcosa di così tipico e locale ed è passato diverso tempo da quando mi sono recato in Boemia e dintorni per esplorare e scoprire sempre più e meglio lo scenario birrario ceca.
Qualche giorno fa Andrea Turco ha pubblicato sul suo Cronache di Birra un bel post proprio riguardante un approfondimento sulle birre ceche. Preparavo da tempo questo post, mi sono piaciuti molto alcuni passaggi e vorrei proporre la mia visione su questi stili anche alla luce di quanto avessi già preparato e bevuto, ma sostanzialmente mi sento abbastanza in linea con quanto ho letto.
Sostanzialmente quando mi si chiede in cosa si differenzia una Tmavè da una Pils ceca da una tedesca evidenzio sempre il maggior corpo, il più forte impatto destrinico che però non si traduce in birre più dolci, per via dell'uso più cospicuo di luppolo, sia in amaro che in aroma.Il Saaz con tutte le sue varianti e sottovarianti (ce ne sono davvero diverse) contribuisce anche a livello aromatico conferendo un tono polveroso, tra l'erbaceo e lo speziato
CLASSIFICAZIONI TRADIZIONALI
Come abbiamo ormai imparato a conoscere da anni, la classificazione ceca è guidata molto da un carattere fiscale e ci si rifà proprio a questa suddivisione anche in etichetta. Un po' come scrivere in Italia di birra leggera, birra doppio malto e birra speciale, in Repubblica Ceca si parla di categorie riferendosi a quanto zuccherino è il mosto di partenza, misurando il grado Balling (stretto parente del Plato, quindi della densità OG).
Vediamo di richiamarle un'altra volta:
Lehké <8°
Výčepní 8° - 11°
Ležák 11°- 13°
Speciál >13°
All'interno di questi range, tutto è possibile.
Si può procedere con una classificazione relativa al colore, accettando di dividere l'intero ventaglio cromatico in tre grossi gruppi di chiare, ambrate (letteralmente mezze scure) e scure):
Svetle
Polotmavè
Tmavè
Posso trovare Svetle molto alcoliche, così come Tmavè molto leggere da 10°. Da sottolineare che, secondo una logica che non mi è chiara, per una approssimazione per difetto, una birra da 10,9° è ancora indicata come 10°, per cui i confini tra una denominazione e l'altra diventano molto labili.
E come se non bastasse, qualche birra si può trovare nominata in qualche altro modo.
Parliamo però anche di lungua e accenti e partiamo dalla parola principale, ovvero pivo, di genere neutro, e come in latino e tedesco anche gli aggettivi prendono la desinenza neutra: tmavé pivo (birra scura), svetlè pivo (birra chiara), polotmavé pivo (birra ambrata). Nel più dei casi sì omette pivo.
Per via del fatto che essendo basse fermentazioni si chiamano ležák (lager), che è maschile, i termini cromatici che sono sinonimo di stili prendono il genere con le rispettive desinenze, per cui svetlý ležák, polotmavý ležák, tmavý ležák. Per cui è corretto dire tmavé ed è corretto anche dire tmavý ležák, e così via.
Più raramente si parla al femminile e al plurale, lo si fa solo quando il nome proprio che il birrificio ha dato a una birra è femminile oppure quando in un elenco di birre ce ne sono diverse e allora svetla piva, tmava piva ecc…ma il ceco non è una lingua semplice in cui addentrarsi ancora e ci sono ben 11 declinazioni, per cui ci possiamo tranquillamente fermare qui.
Non parliamo dei moderni termini del mondo craft "di importazione" (Molti birrifici di nuova generazione parlano tranquillamente di IPA, APA, Saison ecc), ma di birre tradizionali che sono denominate con un appellativo a sè.
Escludendo le rare birre di frumento, è il caso, soprattutto, di questi appellativi:
Vidensky
Pils
Cerne
Il secondo è riservato solo ed esclusivamente alla Pilsner Urquell (con le dovute proporzioni e solo relativamente al mercato ceco, è simile alla situazione delle kölsch di Colonia).
Il primo si riferisce a una tipologia di birre che potrebbero stare facilmente tra le Polotmavè ma sono di netto riferimento alle Vienna (Vídeň in ceco), un tempo diffusissime tra Baviera e Repubblica Ceca, unite sotto l'impero asburgico.
Discorso a parte merita Cerne, che indica nero ed è una categoria sotto cui cadono sia le Tmavè più comuni che alcuni con più spiccati toni bruciati, sia altre produzioni, a volte baltic porter di memoria storica (prodotte sia come ale che come lager, ma più comuni in altre aree dell'est Europa), a volte anche birre con audaci ma poco apprezzabili passaggi in botte.
Molto meno frequenti birre di frumento, birre alla frutta, birre speziate e stagionali varie a cui siamo abituati in altri contesti.
Nella sostanza, però, come sono soliti i birrifici nel nominare le proprie birre?
In tutti questi modi: specificando colore, categoria, e come se non bastasse anche grado Balling oppure con l'aggettivo ordinale corrispondente (ve li ricordate?): decima è Desitka, undicesima è Dvanacka...e così via.
SI PUO PARLARE DI STILI?
In barba a tutto, mi sono dilettato a descrivere le bevute in riferimento a tutti questi fattori: si capisce facilmente che non siamo di fronte a stili ben codificati e definiti, ma a una nuvola di produzioni con tendenze commerciali più che con paletti da seguire.
Spesso le Svelty (chiare) abbracciano la totalità delle gradazioni, andando da delicatissime 9° a robuste 14°.
Le Polotmavè difficilmente sono poco alcoliche, spesso si aggirano dai 12° ai 14° circa.
Le Tmavè invece partono con un certo slancio anche da 11° per raggiungere non raramente i 14°.
Personalmente, se devo usare una classificazione, faccio un po' lo slalom fra tutti questi modi di etichettare il mondo della birra ceca. Anche nelle altre tradizioni birrarie ci sono diversi riferimenti tra cui ci si districa: se pensiamo al Belgio, non c'è solo la numerologia di dubbel - tripel - quadrupel ma tante birre come blond, bière da garge, saison ecc. Stessa casistica in UK, dove oltre ai filoni di bitter (ordinary, best e extra special) o di stout (dry, foreign, imperial ecc) ci sono pale ale, porter ecc., su alcune delle quali si omette ale senza particolari ragioni.
Insomma, l'apparente ordine creato dalle classificazione plurime ceche può essere anche sfoltito, senza però scadere nella eccessiva semplificazione suggerita dal BJCP che taglia categorie e sfumature attribuendo nomi artificiali. Provando a fare un elenco leggermente più largo, provo a individuare quelle che mi sembrano le diciture più comuni e colloquiali con cui si identificano alcune fasce di birra:
Svetly Vycepni 9°-10°-11°/ Desitka - Jedenecka
Svetly Ležák 12°-13°-14°
Vidensky 12°-13°
Polotmavè 13°-14°
Tmavè 11°-12°-13°
Polotmavè Specialni 15°-16°-17°
Parlare di Vycepni ha senso quasi sempre senza specificare che si tratta di birre chiare, perchè il loro colore è spesso paglierino, con sfumature quasi verdognole per i malti chiarissimi e il tanto luppolo impiegato.
Stessa cosa per le Svetly Ležák , che ereditano nei fatti lo stile che noi identifichiamo a volte come Bohemian Pils.
Quando è indicato Vidensky in etichetta, invece, quasi mai si parla di una birra di colore di una Polotmavè perchè molto più asciutta e semplice, spesso realizzata con malto Vienna e Caravienna e vagonate di semplice Saaz. A volte possono rientrare nelle chiare, altre sono più ambrate, ma sta di fatto che non sono neanche così rare da trovare come si possa pensare e che meritano uno spazio per sè.
Una carrellata di esempi, a questo punto, è d'obbligo, per mettere in risalto le note caratteristiche e notare piccole differenze tra ognuna.
- VYCEPNI
Comincio parlando di una 10° o Desítka, ovvero una birra il cui mosto di partenza è nel range 10,0-10,9 Plato.
Il cereale è vivace, le fragranze sono di fieno e di un certo "doughy" da pasta madre, avvertibile anche con una certa freschezza acidula in bocca. L'amaro è controllatissimo, emerge un leggero diacetile quando si scalda qualche minuto nel bicchiere. Sto parlando della Únětické Pivo 10° di Únětický pivovar è però una vera rappresentante di queste Svetly Vycepni 10°, o come grossolanamente chiama anche il BJCP, czech pale lager, vere concorrenti di alcune keller e helles tedesche, con una grande beverinità mai sovrastata da una certa rotondità di altre birre di scuola ceca. Emblematica, ma mai chiamarla keller ceca.
Diacetile in aroma? No, neanche l'ombra. Subito emergono toni erbacei e di leggerissimi fruttati probabilmente donati dalla complessità del lievito e del luppolo cechi. In bocca è sinceramente perfetta: il mielato ad aprire e chiudere il sorso, con un corpo per nulla banale ma una bevibilità mostruosa. Quando si scalda è quasi vuoto il boccale, ma ha tempo di uscire un amaro sottilissimo ma lungo, sui toni linfatici dell'erba fresca tagliata.
Una Vycepni che si avvicina alla pienezza di una Svetly (è una 11°), a metà tra pulizia bavarese e rusticità ceca. Una grandissima birra anche questa Vinohradská 11 di Vinohradský pivovar, brewpub molto carino in un quartiere poco battuto di Praga
- SVETLY LEZAK
Continuiamo passando a una Svetly Lezak 12°, una chiara della categoria di grado alcolico medio, popolarmente indicata anche come Dvanactka, ovvero dal mosto di densità in range 12,0-12,9.
Le note di aroma sono di fieno, camomilla e soprattutto panificato, con crosta di pane e mollica molto invitante. Il sorso è di spessore, l'attacco maltato è protagonista, con note leggerissime di biscotto ma un favoloso bilanciamento, con un amaro che non si fa protagonista ma è essenziale per smorzare i toni maltati. Nessuna dolcezza, stucchevolezza non pervenuta, carbonazione vivace, quel tocco acidulo leggero (probabilmente per il lievito tipico) e il leggero filo di diacetile che esce da metà bicchiere in poi, su cui si può tranquillamente sorvolare.
Molto molto buona anche la Únětické Pivo 12° di Únětický pivovar, rappresentante di punta del segmento di pils di cui è capostipite la Pilsner Urquell e di cui solo quest'ultima può recarne la definizione, definito dal BJCP con il pragmatico Czech Premium Pale Lager.
L'aroma di queste birre può mostrare anche tonalità polverose con punte vanigliate che fanno intuire dolcezza maltata.
Mi tuffo per un sorso ed emerge un generosissimo mielato che pervade tutta la bevuta, con contorni di mollica e una lunghissima coda in retrolfatto: pepato, erbaceo, balsamico e ancora il miele che risalgono e accompagnano la deglutizione di questa birra dalla spropositata beverinità.
Pulizia veramente elevata, nessun difetto che sia diacetile né altro. Straordinario l'impatto del fronte miele sulla percezione maltata generale.
Vinohradský pivovar lo ricordavo molto buono bevuto in loco, ma non così, e questa Vinohradská 12 è superlativa nella sua categoria delle Svetly Lezak (è una 12°, in pieno range) così come lo sarebbe nell'intero patrimonio di lager europee.
Pochi le conoscono, purtroppo o forse per fortuna!
Si sale verso il margine alto della categoria delle Svetle Lezak, con una birra dai 14 Plato iniziali.
Trovo già in aroma leggere note di crosta di pane, non quindi il classico panificato ma qualcosa di più complesso e mellifluo. In bocca domina la spina dorsale maltata, con accenni di mela cotta e inizi di pane tostato. Tracce di diacetile nessuna in questa Alois 14 di Pivovar Uhříněves, corretta e a tratti pacata versione di una chiara più alcolica. Non c'è un vero corrispettivo per queste 14° o Čtrnáctka, che molto più spesso, con questo grado alcolico, sono più cariche di malti speciali (Polotmavé).
Una sorta di Heller Bock declinata in ceco e con ancor più personalità.
- VIDENSKY
Un altro tassello nel mosaico della tradizione ceca è rappresentato dalle Vidensky, letteralmente Vienna Lager, stile diffusosi molto nell'impero austro-ungarico e quindi anche nei territori boemi.
Ne scrive benissimo a riguardo Andreas Krennmair sul suo libro Vienna Lager.
Questa omonima Vidensky Lezak di Pivovar Monopol ne sembra davvero una degna rappresentante, con aromi di cacao amaro ma molto pulito e precisi, mentre in bocca dominano sapori dolci e amari ricollegabili alla mela cotogna, con qualche accenno di pane tostato e uvetta. Il corpo è moderato ma la sensazione di leggerezza e agilità ne abbassa la percezione. Si beve davvero molto bene.
Ne avevo incontrato una meravigliosa la scorsa volta da Heřman a Vladislav ed è lì che ho messo a fuoco bene di che tipologia di birre si tratta. Non siamo su quelle vette altissime, ma la scia è quella giusta!
Buonissima!
- POLOTMAVÈ
Tra le varie interpretazioni ceche di birra, la categoria delle Polotmavé è forse quella più bizzarra, già dal momento in cui si evidenzia di come la parola indichi "mezza scura" tutta una serie di birre che vanno dall'ambrato al mogano.
Qui siamo al cospetto di una birra più ricca, carica, anche più alcolica. L'aroma è del pungente Saaz, sempre tra erbaceo e speziato, già con qualche traccia di biscotto. In bocca si svela subito un ingresso dolce, apparentemente tale in quanto sgancia note di prodotti da forno, crostata, biscotto, con tostature di cacao sul finale, insieme a un amaro abbastanza profondo e lungo, sempre su territorio erbaceo e a tratti terroso.
Facilissima da bere questa Jantarova 13° nonostante la generosità sui fronti di malto e luppolo.
Ulteriore conferma della bontà di Vinohradský pivovar.
- TMAVÈ
Uno degli stili che più mi affascina della tradizione ceca da sempre, dai primi boccali di U Fleku bevuti fino alle ultime tmavé che ho scovato in seguito.
Budějovický Budvar è un grande attore della scena birraria, le quali quote sono anche pubbliche del governo nazionale. Non c'è da aspettarsi una birra stratosferica, ma le attese di bontà vengono ampiamente ripagate.
Gli aromi sono delicati, vagamente rimandano al cacao e a un tocco di toffee. In bocca nessuna dolcezza, birra molto incentrata ancora su toffee e su un contributo di pane tostato leggero, per nulla astringente né invadente. L'amaro è misurato e nel complesso c'è un lieve rimando a sensazioni di cola, ma nulla di spiacevole.
Non arriva all'esempio di U Tri Ruzi, ma sì piazza su un livello che va abbondantemente oltre la sufficienza.
Bella bevuta questa Tmavy Lezak del birrificio di stato della città di Ceske Budejovice.
- SPECIALNI
Oltre una certa gradazione zuccherina di 13° si comincia già a parlare di birre speciali, ma con questa logica alcune delle birre nominate già lo sarebbero abbondantemente, pur seguendo canoni produttivi molto diversi. In genere, le speciali di un certo rilievo possiamo considerarle quasi sempre molto ambrate e molto alcoliche.
Questa di Únětický pivovar è una birra che parte da un grado Plato di 16, perciò una cosiddetta Šestnáct, battezzata come bock solo come assonanza al corrispettivo cromatico e alcolico tedesco. In realtà è ben diversa, non soffermandosi quasi per nulla sul caramello e sullo shock alcolico di una doppelbock, ma esaltando la parte maltata sul fronte delle lievi tostature, tirando fuori quasi aromi e sapori fruttati che ricordano la mela cotogna, la confettura di fragola, l'uva passa. Il tutto condito con un delicato amaro e una bevibilità sempre altissima.
Molto buona questa Masopustni Bock, un probabile tributo al calciatore praghese Lukáš Masopust.
Non credo sia difficilissimo distinguere queste birre secondo questa operazione di sfoltimento, ritengo sia necessaria per decodificare una realtà rimasta troppo a lungo sopita e ignorata troppo dal resto d'Europa.
Non capisco bene per quale motivo preciso, adesso sembra quasi esserci solo questa tradizione birraria l'ultimo baluardo da esplorare e padroneggiare: in un mondo birrario in cui ci si annoia velocemente, spero non vengano inglobate in una tendenza che non le comprende e non le sappia apprezzare al meglio, sfruttando il giocattolo mai scartato ritrovato nello scantinato.
Qualcosa di simile è già successo in passato per le keller, per le alt e le kölsch: ben venga la possibilità di acquistare queste birre online, godo nel poterle trovare e comprare quando le vedo nuovamente disponibili su beerdome.cz, ma conto di tornare davvero a berle sul posto per apprezzare davvero il senso di un modo diverso di bere birra, con contraddizioni solo apparenti e tanta sana cultura del bere.
Cheers
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