Una delusione ed una sorpresa: Skull Splitter e London Porter


Quando penso di aver capito l'andamento qualitativo della new wave dei birrifici britannici, forse ancora non ho capito nulla.

Potrebbe essere il frutto di un confronto impari, della miglior birra estrapolata dalla produzione Fuller's e della meno rampante birra della Orkeney Brewery.
Sta di fatto che queste due birre dei rispettivi birrifici mi hanno comunicato molto in termini di sensazioni ed impressioni.

La delusione, credo si sia capito, è stata la Skull Splitter. E' una scotch ale del birrificio scozzese con sede sulle isole Orcadi, da cui prende appunto il nome originale Orkney Brewery.
Devo dire che ho letto di definizioni di barley wine riferite a questa birra, ma in realtà non lo è, tanto che in etichetta appare semplicemente come Scotch Ale.
In realtà lo stile più preciso è quello delle wee'heavy o strong scotch ale, che si differenzia da ale scozzesi più leggere dette scottish ale o scottish light. Dunque, scottish per le leggere, scotch o wee'heavy per quelle più cariche.
Io stesso l'ho appreso dopo aver riletto il mitico Progettare grandi birre e la sua parte storica su ogni stile.
Tornando alla birra, schiuma soffice ma non compattissima, bolle a grana grossa. Al naso ottimi odori tostati e bruciati, molto intensi e caldi. In bocca arriva un po' di delusione: 8,5%alc con un corpo abbastanza veloce, seppur non acquoso, ed una iniziale nota dolce che scivola subito tra l'affumicato ed il torbato per disperdersi tra un amaro un po' secco e corto.
L'ho accompagnata a frutta secca assecondando un po' quei sentori quasi stantii quasi fumosi, ma disturbati da caramello e melassa eccessivamente per i miei gusti.
Non un bere caldo, avvolgente. Una birra un po' slegata.



Sorpresa positiva, invece, appena ieri sera quando ho deciso di accompagnare al Felix un panzerotto farcito con roast beef e salse varie.
Ho tirato fuori dal frigo un nome che mi è balzato agli occhi e che ho voluto provare, un po' per riprova ed un po' per sfida. Ho preso la London Porter di Fuller's.
Il birrificio londinese è nella storia della birra inglese, dell'imprenditoria e del costume inglesi. Si definisce ancora con un calco sulla bottiglia "independent" essendo nato di piccole dimensioni oltre tre secoli fa, acquisendo altri birrifici e poi aprendo numerosi pub in giro per Londra e dintorni, nonchè ingrandendosi notevolmente nei decenni più recenti.
Questa London Porter rimanda a qualcosa di storico, un'eredità culturale e sociale che si sente riapparire in forma evanescente già all'apertura della bottiglia.
Schiuma compattissima appena la pinta è colmata e bollicine molto piccole per una carbonazione che in bocca mi risulterà davvero appropriata nella sua misura.
Al naso cacao e fondente come da previsione, con un'intensità pronunciata ed i malti in evidenza.
In bocca è davvero da descrivere: attacco appena dolce e rotondo, corpo medio con sensazioni maltate e di fave di cacao che virano con armonia e garbo verso un finale tostato nè eccessivamente lungo nè troppo impalpabile. Rich, dark and complex è il suo grido.
Si fa bere che è un piacere con i suoi 5,4%alc senza troppo sovrastare il mio panzerotto, sgrassando il giusto ed impartendo pause abbastanza veloci tra un sorso e l'altro.
Un po' dappertutto, dai siti di raters a quelli di consumatori autorevoli, i consensi sono unanimi incoronandola una delle porter più appaganti.
Di fronte a questa evidenza non posso che confermare anche io il suo valore ed unirmi ai suoi fan.

Cheers!

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