Amsterdam parte I: In De Wildeman e Arendsnest tra kuyt ed altre craft olandesi

Per passare dall'immobile qualità della tradizione birraria renana ai modernismi olandesi che si concentrano nella pazza Amsterdam si impiegano poco più di un paio d'ore di treno. Ma in questa breve pausa non è certo facilissimo provare a cancellare per qualche giorno le godurie assolute di Düsseldorf e Colonia, fedeli e costanti compagne di giornate, andando incontro al "buio" di una scena birraria relativamente nuova e tutt'altro che conosciuta.


È facile immaginare come la città di Amsterdam sia il fulcro dell'intero movimento di birrifici artigianali, locali birrari di un certo livello e degli immancabili appassionati. Come racconta Roger Protz, da poco anche gli inglesi del CAMRA hanno puntato i fari sulla realtà olandese addirittura uscendo con una guida sul modello degli storici manuali per cacciatori di buone birre già pubblicate per Belgio, UK, Repubblica Ceca e altri.
Nell'articolo in cui Protz presenta il libro si riportano le informazioni dell'autore Skelton secondo il quale, dagli appena 22 birrifici su tutto il territorio nazionale nel 1975, oggi si sia già superata quota 200 attività birrarie.
Non dimentichiamo che tra questi l'Olanda può vantare ora ben due birrifici trappisti, La Trappe e Zundert.

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Skelton says that in 1975 a beer guide to the country would have been a pamphlet, with just 22 breweries. Today there are 200 and the number is expected to go on rising. If the images are anything to go by, many of the new breweries are smart, highly professional and commercial. And there’s a lot of wood around, as Dutch brewers join the rush to age beer in oak. There is even a Dutch attempt at brewing lambic – but don’t tell the Eurocrats or they will send the heavies round.
Inspired by American, Belgian and British beer styles, you will find blond ales, Bock, Dubbel, IPA, Oud Bruin, Rauch, Saison, Stout, Tripel and Witbier, as well as the Dutch versions of gruit, beers made with a mixture of herbs and spices.
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I locali birrari di riferimento per ora rimangono solo una manciata, anche perchè, a mio parere, in una città in cui le trasgressioni per le quali a volte si affronta appositamente il viaggio verso Amsterdam, sono almeno un paio :) , per cui, causa forza maggiore, credo la birra vada ovviamente a finire in secondo piano.
Al di là di questo, avevo 4 locali in cui andare a bere bene, di cui due erano brewpub, ed in questa prima parte parlo dei proeflokal, letteralmente "locale di degustazione" ma che sta per birreria, in soldoni. Nel prossimo post sarà la volta dei due brewpub, senza contare che dopo Amsterdam ho bevuto ancora birre olandesi a Maastricht. Racconto prima i locali e le birre e poi verrà il tempo dei giudizi complessivi.


Nelle birre che ho bevuto ho cercato di mettere alla prova le birre olandesi
  • sul fronte della scuola belga, con poche variazioni sul tema
  • sul versante della loro territorialità attraverso l'unico stile, le kuyt, birre con alta percentuale di avena, che possono vantare come caratteristico del loro passato
  • su qualche sperimentazione con spezie e stramberie varie
  • sui tentativi di imitare altri stili classici europei

Comincio da In De Wildeman, situato in pieno centro tra traverse anguste e sciami di turisti.
Il locale si propone con un bell'ambiente in legno, botti in un angolo, delle belle lavagne chiare e sintetiche e, per mia fortuna, finisce per essere quasi un rifugio dal caldo incessante, dal sole che non vuole tramontare e dalle inevitabili stradine frequentate dalla folla di agosto.
Il personale è molto preparato: perfino quando chiedo le prime informazioni sulla quasi totalità delle birre che a me risultano sconosciute, vengo inondato di spiegazioni ed assaggi. Ben 18 le vie alla spina oltre ad una grande selezione in bottiglia.


La prima birra che bevo è la Hilfert's Blond di Het Gooish Biergilde, beer firm che si colloca nell'area est di Amsterdam a cavallo della zona del corso d'acqua Gooish.
Sembra una birra molto buona, sul modello delle blond belghe: molto secca con un taglio iniziale decisamente erbaceo ed un po' citrico da scorza di limone. Un ottimo inizio, che come ammazza-sete funziona benissimo.


La seconda birra che bevo è la Dubbel Lam di Bijthehand (che starebbe a significare "con le mani", il che richiama al concetto di artigianale), anch'essa beer firm che produce presso Brouwcafè. Mi viene spiegato che si tratta di un'attività nelle vicinanze di Rotterdam, per la precisione nell'agglomerato di Den Haag. Trovo la loro dubbel molto ben fatta, con un imponente malto caramello, un'interessante nota di uva passa ed una trama molto legata. Il finale è secco anche qui, con una bella sensazione di calore senza l'evidenza di tostati o note di cacao. Malgrado questa piccola pecca, emerge anche una leggera componente vinosa. Una birra davvero molto buona che mi rallegra non poco.


Terza ed ultima birra qui è del birrificio Jopen ed è una kuyt, stile venuto fuori negli ultimi tempi come unico tradizionale olandese, recuperato da almeno tre birrifici, da quel che so. Il nome che gira di più è quello della beer firm Witte Klavervier, ma proprio quest'ultima non è presente nè in bottiglia nè alle spine di questi locali. Ho la fortuna di trovare, però, di Jopen l'ominima Kuyt qui e nel successivo locale un'altra dello stesso stile, così posso farmi una mezza idea su quel che può stare a rappresentare, e soprattutto se si tratta di birre che meritano attenzione.
Stavolta si tratta di un birrificio vero, di base ad Haarlem, città ormai congiuntasi ad Amsterdam seppur più ad ovest e rivolta sul Mar del nord.


Questa kuyt ha un colore ramato, scuro, e non è la tipica caratteristica che dovrebbe avere. Il naso sembra molto floreale con una netta sensazione di lavanda ed olii essenziali, probabilmente conferiti dalla stessa avena utilizzata, la quale sarà anche responsabile di una schiuma molto pannosa. In bocca si svela quasi come una versione più rustica di dubbel o di doppelbock, anche se più caratterizzata da un amaro da luppoli. La distingue dai due stili poco fa citati, però, un caratteristico acidulo, non fastidioso ma decisamente evidente.

Al Arendsnest, invece, le birre olandesi sono la regola. Il locale vanta una selezione di sole birre nazionali, per cui risulta essere proprio un vero microscopio per perdersi tra le birre oranje. Locale a ridosso dei canali in una zona molto tranquilla, da quel che ho avuto modo di notare. Da sottolineare come, anche qui, il personale è tutto femminile ed è tutto molto propositivo nel consigliare e sottoporre assaggi.


Dicevo che avrei trovato anche qui una kuyt, ed è la Shapoo di Oedipus, birrificio che mi risulta tra le stelle del movimento insieme ai noti Emelisse, De Molen, Oersop e Jopen.
Questa sì che dovrebbe essere una vera kuyt, di colore molto chiaro, giallo paglierino, con una opalescenza parecchio evidente nonchè con un cappello di schiuma molto invitante. Al naso sembra una pseudo-blanche sia per un accenno di coriandolo e scorza di agrumi che per una sensazione grezza di cereali non maltati unita alla croccantezza di malti chiari.

Molto probabilmente è questa tra le due quella che cercavo, ed è la stessa bartender delle spine a dirmi che la versione di Jopen ha sì molta avena ma non può dirsi un esempio dello stile, per come è stato risuscitato e ri-concepito in questi tempi. Prendo per buono questo suggerimento, che vede una conferma anche in commento all'articolo già citato di Cronache di Birra da parte di Claudio Cappelli, publican del pub indipendente "La Locanda del Monaco Felice" di Suisio (BG), in prima linea da anni nella conoscenza e nell'importazione di buone birre artigianali olandesi. Forse la kuyt di Jopen è una sorta di gruit (birra medievale senza luppolo ma con erbe aromatiche) con molta avena, gruit spesso equivocato in passato con le stesse kuyt. Insomma, uno scenario ancora un po' confuso, che probabilmente ha bisogno di altro tempo per definirsi attorno a caratteristiche dello stile definite in maniera migliore.


La seconda birra ed ultima che riesco a bere prima di rincasare (nei dintorni di Amsterdam ci sono anche delle belle tappe turistiche a cui ho ottemperato...non si vive di sola birra!) è la Zoethouter Tripel di Sint Servattumus, birrificio reale dalla lunghissima lista di birre in gamma, di cui molte riguardanti sperimentazioni ed ingredienti inusuali (impossibile elencarle tutte...). Questa birra viene suggerita come tripel ed è caratterizzata dall'aggiunta di una sorta di liquirizia dolce, come mi viene spiegato. Il corpo è secco ma anche troppo esile ed al naso sale quale aroma officinale. La birra non esprime al massimo i canoni di riferimento di una tripel, piuttosto di una strong golden ale causa la bassa presenza di sapori fruttati e sentori speziati di pepe e vaniglia. Insomma, non eccellente ma neppure cattivissima.


Ho volutamente saltato Beer Temple dove regnano le sole birre americane perchè non avevo voglia di imbattermi in qualcosa che su per giù conosco ed, in qualche caso più spinto, addirittura evito.
Come si sarà capito, In De Wildeman e Arendsnest sono locali di tutto rispetto, con un'impostazione nel servizio pseudo-belga come è prevedibile che sia e con una bella selezione di birra, che forse pagano un po' il fatto di essere gli unici ad osare con qualcosa in più. Ma credo che una seppur minima schiera di birrerie imitatrici, con la grande mole di birrifici e beer firm olandesi, non tarderà molto ad arrivare.
Anche le birre, complessivamente, non sono state niente male...ero partito con un'asticella più bassa, per cui queste sorprese sono state molto gradite.


Ad Amsterdam ci sono anche due importanti brewpub...ne parliamo nella seconda parte!

Cheers!

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