I polacchi di Pinta, oltre a produrre Grodziskie e tutti i più comuni stili birrari, si sono lanciati anche nella produzione di un'altra birra dalle forti radici storiche e tradizionali.
Stavolta si va verso latitudini più alte sforando in terre finniche, perchè Pinta e Pracownia Piwa hanno brassato insieme (il fenomeno delle collaboration e delle one shot è ormai globale) un Sahti, antica birra finlandese la cui produzione osserva più eccezioni che affinità rispetto ad una birra, per come la si intende convenzionalmente. In realtà questa Happy Crack è un black sahti, come battezzato in etichetta, ma da Pinta era già venuta fuori una versione "regolare" di Sahti che avevano chiamato Happy End. Ad ogni modo, scuro o chiaro, scalpitavo per poterne bere uno.
Aiutandomi con le descrizioni della AHA, scopro che questa bevanda fermentata pare affondi le sue radici già nel 9° secolo ed è presto associata ai Vichinghi, tanto che qualche teoria ne associa il loro sviluppo dell'agricoltura proprio al bisogno di segale per produrlo. Perchè è la segale il suo ingrediente caratteristico.
Nonostante la lunga tradizione, in Finlandia non è che ci fossero birrifici veri e propri. Molte comunità tradizionali finlandesi erano piccoli villaggi e il numero degli abitanti non era tale da sostenerne uno. Per cui erano le famiglie e i villaggi stessi a produrne con ingredienti facilmente reperibili. Come è avvenuto in molte culture, erano le donne a fare i birrai in passato in Finlandia, ed era comune usanza per una madre passare la ricetta del sahti alle proprie figlie.
Tradizionalmente, il sahti è prodotto con ingredienti reperibili presso la fattoria, per capirci a "km zero". Generalmente questo significava una composizione di cereali di solo malto d'orzo, un mucchio di rami di ginepro con bacche di ginepro e talvolta altre erbe e spezie. Il malto e talvolta le bacche di ginepro fornivano gli zuccheri fermentabili, con la maggior parte del sapore prevalentemente proveniente dal ginepro. Tuttavia, in puro stile "farmhouse", gli ingredienti presentavano variazioni da un villaggio all'altro. Ad esempio, la Tammisaari, regione meridionale della Finlandia, era nota per l'uso anche di lamponi nei suoi sahti.
Nel tempo si sono aggiunte segale, avena e sono stati usati anche alcuni malti tostati, ferma restando la presenza di 80%-90% di malto d'orzo. Intorno al 14° secolo, i luppoli si fecero strada sulla scena birraria finlandese, pensati per essere utilizzati non solo per il sapore e l'aroma, ma anche le loro qualità antisettiche.
Non era raro fare due diversi sahti, uno con il primo mosto ed uno col successivo risciacquo delle trebbie, mentre riguardo al lievito, inizialmente erano quelli selvaggi ad intervenire sul mosto ma pian piano si fece largo il lievito madre per panificazione, tenuto vivo nel tempo da ogni villaggio, il che comportava la comparsa di ceppi diversi l'uno dall'altro, oltre al fatto che alcune colture portavano con sè dei lactobacilli.
Il sahti era tradizionalmente gustato direttamente dal fermentatore a fine processo, versato nella tradizionale Haarikka. Al netto dell'anidride carbonica residua presente a birra finita, in generale è interpretato come uno stile piatto, per cui tutto il gas prodotto non viene fatto trattenere nella birra. Il prodotto finale è tipicamente una birra al ginepro con una certa dolcezza residua, un pizzico di sapore di luppolo e di amaro, talvolta con una sottile acidità.
Il processo di fermentazione per sahti è cambiato un po' nel tempo, e oggi si è evoluto in una combinazione di tecniche di produzione di birra tradizionali e moderne.
Il ginepro fa la parte del leone nel sahti, ma non è solamente un ingrediente. Nelle prime fasi vengono utilizzati fasci di rami di ginepro con le stesse bacche in acqua e viene portata ad ebollizione. Questo non solo aggiunge sapore all'acqua: quel liquido ottenuto da un'infusione di ginepro veniva usato come disinfettante in cui immergere tutto il materiale.
Rami di ginepro, insieme con uno strato di paglia, sono messi tradizionalmente sul fondo di un tino chiamato Kuurna. Il mosto viene fatto passare attraverso la Kuurna che svolge un'azione filtrante ma consente anche al liquido di prendere un po' del carattere di rami di ginepro e frutti di bosco.
Bacche o succo di bacche sono talvolta aggiunti per conferire maggior sapore di ginepro ed una dose extra di zuccheri fermentabili. In effetti, alcuni suggeriscono che il sahti prende il nome dalla parola svedese "saft", che si riferiva al succo delle bacche di ginepro che i mercanti aggiungevano a questa birra, anche se è tutto da verificare.
L'ammostamento vero e proprio, poi, può richiedere fino a sei ore con inserimenti continui di acqua calda o di pietre roventi per aumentare la temperatura, come si faceva prima delle moderne tecnologie.
Ma soprattutto il Sahti non è tradizionalmente bollito, a volte solo riscaldato. Questo è probabilmente il motivo di quella nota acida presente in alcuni casi. Alcuni birrai oggi preferiscono far bollire luppolo in infusione per motivi di igiene ma se si vuole andare alle radici delle Sahti, è una pratica a cui si deve rinunciare.
Come si legge, non è per nulla una birra di facile produzione nè di semplice comprensione, ma come sempre in questi casi la prova bicchiere è la migliore mossa da compiere.
Questa birra che mi sono riuscito a procurare è un sahti scuro, esplicitamente indicato dai produttori come black sahti in cui è stato aggiunto malto Carafa II, che come è noto conferisce colore e sapore tostato ma non quell'astringenza a volte spiacevole in alcune birre.
Stappando la Happy Crack si avverte proprio la quasi assenza di gas, già a livello sonoro. Nel bicchiere la schiuma non monta affatto, come prevedibile, e qui ovviamente è tollerato.
Mentre non possiamo dir nulla sul colore, volutamente troppo scuro con color ebano e sfumature mogano, si può dire moltissimo sull'aroma. Sono i frutti rossi ed emergere su tutto, contornati da fiori selvatici ed erbe non facilmente distinguibili. Salvia, lavanda, erbe medicamentose e poi ancora quei frutti come ribes nero, amarene sotto spirito fino ai territori ai limiti del tostato che ricordano un liquore nocino. A corredo di ciò comincia ad intravedersi un carattere da distillato, molto pungente ed etilico. Erroneamente l'ho associato ad un distillato, in realtà è quel ginepro con bacche e foglie che, ove presente in distillati (e non è un caso che il gin sia il distillato di frumento, orzo e ginepro) ed amari, conferisce questi toni molto ispidi, volatili ma seducenti.
In bocca tutto appare amplificato positivamente: la dolcezza, a dire il vero, non fa la sua comparsa, anzi la birra appare piuttosto scorrevole, veloce, anche alquanto secca, e tutto ciò non può che sposarsi bene con quella carbonazione molto bassa. Piuttosto è ancora il carattere da frutti di bosco e frutti rossi che si amalgama ancor meglio con qualche tono tostato e fa la gioia del retronaso.
Avvolgente come pochi, soprattutto perchè si perdono i punti di riferimento rispetto ad esperienze sensoriali note per finire in un territorio inesplorato, con tutto il bello che questa scoperta porta.
Birre di questo tipo vengono proposte anche in USA, chiaramente. Mi sembra quasi superfluo farlo notare.
In Italia proprio in questi giorni sono stati i fratelli Cerullo del Birrificio Amiata a brassarlo, chiaramente con la proprie personali variazioni.
Dato che ormai abbiamo approfondito, è interessante riportare la loro interpretazione descritta su Facebook dagli stessi:
Ebbene si, dopo essere stati i primi a produrre Gose, Berliner, Grozinski, siamo ricaduti nella tentazione di produrre qualcosa di inconsueto... complice l'amico Olavi, finnico doc intento alla macinatura dell'orzo per la LURA, il primo Italian Sahti!
Le sorprese nella produzione di questa birra comunque non mancheranno. Il tutto è già in fermentazione con lievito da panettiere proveniente direttamente dalla Finlandia.
Il lievito da panettiere ed il frumento gli danno quel sapore di crosta di pane tipico, poi siccome l'attenuazione degli zuccheri trasformati in alcool e CO2) di questo lievito da pane non è il massimo, o lo tieni al freddo, o lo consumi in pochi giorni, oppure aggiungi dopo un paio di giorni un lievito che attenui un pò di più e solitamente si usa un lievito da weizen perché il Sahti deve essere dolciastro e speziato più che secco.
L'uso del ginepro nasce dal fatto che è blandamente antisettico e quindi teneva alla larga qualche batterio, ma il rischio di tirar dentro tannini ed amari erbacei mi ha fatto desistere dal cercare le fronde, così abbiamo optato per le bacche. Io sono il primo ad essere curioso su cosa verrà fuori...
Sempre nella produzione del Sahti, abbiamo adottato la soluzione di ricoprire il tino filtro, prima dell'arrivo del mosto, con bacche di ginepro anziché foglie, con l'aggiunta di frumento affumicato alla quercia per dare un tocco leggermente affumicato.
Non resta che assaggiare il loro sahti, anche se l'idea migliore sarebbe proprio una bella trasferta Finlandese.
Magari anche per saune e paesaggi, oltre che per la loro storica birra.
Per approfondire ancora consiglio un articolo del pioniere di tutto lo scibile birrario Michael Jackson e questo video di Northern Brewer, che con il pretesto dell'homebrewing fa una bella panoramica su questo sahti.
Prossime birre: baltic porter, e chiudiamo le dogane.
Stavolta si va verso latitudini più alte sforando in terre finniche, perchè Pinta e Pracownia Piwa hanno brassato insieme (il fenomeno delle collaboration e delle one shot è ormai globale) un Sahti, antica birra finlandese la cui produzione osserva più eccezioni che affinità rispetto ad una birra, per come la si intende convenzionalmente. In realtà questa Happy Crack è un black sahti, come battezzato in etichetta, ma da Pinta era già venuta fuori una versione "regolare" di Sahti che avevano chiamato Happy End. Ad ogni modo, scuro o chiaro, scalpitavo per poterne bere uno.
Aiutandomi con le descrizioni della AHA, scopro che questa bevanda fermentata pare affondi le sue radici già nel 9° secolo ed è presto associata ai Vichinghi, tanto che qualche teoria ne associa il loro sviluppo dell'agricoltura proprio al bisogno di segale per produrlo. Perchè è la segale il suo ingrediente caratteristico.
Nonostante la lunga tradizione, in Finlandia non è che ci fossero birrifici veri e propri. Molte comunità tradizionali finlandesi erano piccoli villaggi e il numero degli abitanti non era tale da sostenerne uno. Per cui erano le famiglie e i villaggi stessi a produrne con ingredienti facilmente reperibili. Come è avvenuto in molte culture, erano le donne a fare i birrai in passato in Finlandia, ed era comune usanza per una madre passare la ricetta del sahti alle proprie figlie.
Tradizionalmente, il sahti è prodotto con ingredienti reperibili presso la fattoria, per capirci a "km zero". Generalmente questo significava una composizione di cereali di solo malto d'orzo, un mucchio di rami di ginepro con bacche di ginepro e talvolta altre erbe e spezie. Il malto e talvolta le bacche di ginepro fornivano gli zuccheri fermentabili, con la maggior parte del sapore prevalentemente proveniente dal ginepro. Tuttavia, in puro stile "farmhouse", gli ingredienti presentavano variazioni da un villaggio all'altro. Ad esempio, la Tammisaari, regione meridionale della Finlandia, era nota per l'uso anche di lamponi nei suoi sahti.
Nel tempo si sono aggiunte segale, avena e sono stati usati anche alcuni malti tostati, ferma restando la presenza di 80%-90% di malto d'orzo. Intorno al 14° secolo, i luppoli si fecero strada sulla scena birraria finlandese, pensati per essere utilizzati non solo per il sapore e l'aroma, ma anche le loro qualità antisettiche.
Il sahti era tradizionalmente gustato direttamente dal fermentatore a fine processo, versato nella tradizionale Haarikka. Al netto dell'anidride carbonica residua presente a birra finita, in generale è interpretato come uno stile piatto, per cui tutto il gas prodotto non viene fatto trattenere nella birra. Il prodotto finale è tipicamente una birra al ginepro con una certa dolcezza residua, un pizzico di sapore di luppolo e di amaro, talvolta con una sottile acidità.
Il processo di fermentazione per sahti è cambiato un po' nel tempo, e oggi si è evoluto in una combinazione di tecniche di produzione di birra tradizionali e moderne.
Il ginepro fa la parte del leone nel sahti, ma non è solamente un ingrediente. Nelle prime fasi vengono utilizzati fasci di rami di ginepro con le stesse bacche in acqua e viene portata ad ebollizione. Questo non solo aggiunge sapore all'acqua: quel liquido ottenuto da un'infusione di ginepro veniva usato come disinfettante in cui immergere tutto il materiale.
Rami di ginepro, insieme con uno strato di paglia, sono messi tradizionalmente sul fondo di un tino chiamato Kuurna. Il mosto viene fatto passare attraverso la Kuurna che svolge un'azione filtrante ma consente anche al liquido di prendere un po' del carattere di rami di ginepro e frutti di bosco.
Bacche o succo di bacche sono talvolta aggiunti per conferire maggior sapore di ginepro ed una dose extra di zuccheri fermentabili. In effetti, alcuni suggeriscono che il sahti prende il nome dalla parola svedese "saft", che si riferiva al succo delle bacche di ginepro che i mercanti aggiungevano a questa birra, anche se è tutto da verificare.
L'ammostamento vero e proprio, poi, può richiedere fino a sei ore con inserimenti continui di acqua calda o di pietre roventi per aumentare la temperatura, come si faceva prima delle moderne tecnologie.
Ma soprattutto il Sahti non è tradizionalmente bollito, a volte solo riscaldato. Questo è probabilmente il motivo di quella nota acida presente in alcuni casi. Alcuni birrai oggi preferiscono far bollire luppolo in infusione per motivi di igiene ma se si vuole andare alle radici delle Sahti, è una pratica a cui si deve rinunciare.
Come si legge, non è per nulla una birra di facile produzione nè di semplice comprensione, ma come sempre in questi casi la prova bicchiere è la migliore mossa da compiere.
Questa birra che mi sono riuscito a procurare è un sahti scuro, esplicitamente indicato dai produttori come black sahti in cui è stato aggiunto malto Carafa II, che come è noto conferisce colore e sapore tostato ma non quell'astringenza a volte spiacevole in alcune birre.
Stappando la Happy Crack si avverte proprio la quasi assenza di gas, già a livello sonoro. Nel bicchiere la schiuma non monta affatto, come prevedibile, e qui ovviamente è tollerato.
Mentre non possiamo dir nulla sul colore, volutamente troppo scuro con color ebano e sfumature mogano, si può dire moltissimo sull'aroma. Sono i frutti rossi ed emergere su tutto, contornati da fiori selvatici ed erbe non facilmente distinguibili. Salvia, lavanda, erbe medicamentose e poi ancora quei frutti come ribes nero, amarene sotto spirito fino ai territori ai limiti del tostato che ricordano un liquore nocino. A corredo di ciò comincia ad intravedersi un carattere da distillato, molto pungente ed etilico. Erroneamente l'ho associato ad un distillato, in realtà è quel ginepro con bacche e foglie che, ove presente in distillati (e non è un caso che il gin sia il distillato di frumento, orzo e ginepro) ed amari, conferisce questi toni molto ispidi, volatili ma seducenti.
In bocca tutto appare amplificato positivamente: la dolcezza, a dire il vero, non fa la sua comparsa, anzi la birra appare piuttosto scorrevole, veloce, anche alquanto secca, e tutto ciò non può che sposarsi bene con quella carbonazione molto bassa. Piuttosto è ancora il carattere da frutti di bosco e frutti rossi che si amalgama ancor meglio con qualche tono tostato e fa la gioia del retronaso.
Avvolgente come pochi, soprattutto perchè si perdono i punti di riferimento rispetto ad esperienze sensoriali note per finire in un territorio inesplorato, con tutto il bello che questa scoperta porta.
Birre di questo tipo vengono proposte anche in USA, chiaramente. Mi sembra quasi superfluo farlo notare.
In Italia proprio in questi giorni sono stati i fratelli Cerullo del Birrificio Amiata a brassarlo, chiaramente con la proprie personali variazioni.
Dato che ormai abbiamo approfondito, è interessante riportare la loro interpretazione descritta su Facebook dagli stessi:
Ebbene si, dopo essere stati i primi a produrre Gose, Berliner, Grozinski, siamo ricaduti nella tentazione di produrre qualcosa di inconsueto... complice l'amico Olavi, finnico doc intento alla macinatura dell'orzo per la LURA, il primo Italian Sahti!
Le sorprese nella produzione di questa birra comunque non mancheranno. Il tutto è già in fermentazione con lievito da panettiere proveniente direttamente dalla Finlandia.
Il lievito da panettiere ed il frumento gli danno quel sapore di crosta di pane tipico, poi siccome l'attenuazione degli zuccheri trasformati in alcool e CO2) di questo lievito da pane non è il massimo, o lo tieni al freddo, o lo consumi in pochi giorni, oppure aggiungi dopo un paio di giorni un lievito che attenui un pò di più e solitamente si usa un lievito da weizen perché il Sahti deve essere dolciastro e speziato più che secco.
L'uso del ginepro nasce dal fatto che è blandamente antisettico e quindi teneva alla larga qualche batterio, ma il rischio di tirar dentro tannini ed amari erbacei mi ha fatto desistere dal cercare le fronde, così abbiamo optato per le bacche. Io sono il primo ad essere curioso su cosa verrà fuori...
Sempre nella produzione del Sahti, abbiamo adottato la soluzione di ricoprire il tino filtro, prima dell'arrivo del mosto, con bacche di ginepro anziché foglie, con l'aggiunta di frumento affumicato alla quercia per dare un tocco leggermente affumicato.
Non resta che assaggiare il loro sahti, anche se l'idea migliore sarebbe proprio una bella trasferta Finlandese.
Magari anche per saune e paesaggi, oltre che per la loro storica birra.
Per approfondire ancora consiglio un articolo del pioniere di tutto lo scibile birrario Michael Jackson e questo video di Northern Brewer, che con il pretesto dell'homebrewing fa una bella panoramica su questo sahti.
Prossime birre: baltic porter, e chiudiamo le dogane.
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