In quel mare di stili birrari di riferimento, un po' stravolti dalla modernità ed altre volte rispettati fedelmente, si insidiano ancora tipologie di birre che oggi non trovano ancora diffusione.
Spesso si tratta di motivi storici, legati agli sconvolgimenti industriali del secolo breve, che ha azzerato il passato per poi farlo rifiorire, anche se non nella totalità.
Degli stili dimenticati molti sono ormai noti e recuperati. Basti pensare a lambic, grodziskie, gose ecc. Altri sono sulla strada giusta, per meriti di qualche birraio con il pallino della storia e buona capacità di immaginazione.
È il caso dello stile Lichtenhainer, e la molla della curiosità mi ha spinto a cercarne una per berla e capire qualcosa in più.
Lo stile prende il nome dalla cittadina di Lichtenhain, piccolo borgo poco fuori da Jena, nel Land della Turingia, Germania. A quanto pare qui a metà del XIX secolo questa birra era molto popolare, non solo a Lichtenhain ma anche nelle vicine Wöllnitz, Ammerbach, Winzerla e Ziegenhain.
L'ultimo esemplare in stile, però, sarebbe stato prodotto nel 1983 alla Brauerei Ed Barfuss Söhne di Wöllnitz, ma sempre a Wöllnitz nel 1997 la Brauerei Talschänke fa uscire dai suoi fermentatori una Wöllnitzer Weißbier, che nei fatti sarebbe stato proprio un tentativo di riprendere a produrre birre in stile Lichtenhainer, ancora attualmente in produzione (servita a mo' di berliner weisse con sciroppi vari).
Dopo qualche interpretazione anche di birrifici americani, tra cui spicca Wesbrook, lo stile è stato anche riconosciuto e menzionato dal BJCP, anche se nella categoria di birre storiche e sperimentali. Sarebbe anche giusto così, dato che si tratta di una birra realizzata con tecniche differenti dalle attuali.
Arriviamo, quindi, ad enunciare quali sono i tratti salienti di questa birra. Possiamo distinguerne quattro:
-birra "session", leggera nel grado alcolico, approssimativamente nei dintorni di 4%alc.
-scarsamente amara, con IBU tra 5 e 12
-spiccatamente acida, tartarica
-affumicata
Si tratta di caratteristiche curiose già se prese singole e quindi ancor più originale è il coktail gustativo che, sulla carta, ne viene fuori.
Le somiglianze con altri stili ci sono: il carattere session e l'acidità richiamano alle berliner weisse. Prendendo di riferimento affumicatura e leggerezza alcolica si può pensare alle polacche grodziskie o alle gose.
Le fonti storiche, però, non ci aiutano: regna confusione, per esempio, perchè sul fatto che possano essere state birre di frumento non c'è certezza. In passato, infatti, col termine weissbier si indicava anche tutto ciò che non era braunbier e che non necessariamente conteneva frumento, vigendo una sorta di semplice distinzione cromatica, per cui non sempre possiamo associare weissbier e weizenbier alla stessa birra solo in epoca recente, non da sempre. Fonti attribuiscono allo stile lichtenhainer la sola presenza di malto d'orzo, altri riferimenti parlano di frumento fino al 50% invece.
A livello produttivo, un'altro punto su cui soffermarsi è il carattere acido. Parliamo innanzitutto di una birra ad alta fermentazione, con lieviti che lavoravano approssimativamente intorno ai 22°C.
Questa acidità, a differenza del caso delle berliner weisse dove non vi è bollitura ed i lattobacilli agiscono già in prima fermentazione, diversamente dalle grodziskie dove il lieve tono acidulo è tutto frutto del frumento e delle gose dove questo acidulo si esalta col carattere salmastro dell'acqua e del sale, nelle lichtenhainer si riferisce ad un momento individuato nella seconda fermentazione e/o durante la maturazione. Questo implica che questo carattere tartarico venga fuori nel tempo e non immediatamente, esigenza che va anche in contrasto con il basso livello di amaro e soprattutto il basso grado alcolico. O meglio, per come intendiamo oggi la birra, sono aspetti che implicano parabole produttive opposte, ma forse proprio questo carattere debole facilitava il sopravvento delle fermentazione lattica.
Dopo tutto questo excursus storico e produttivo, però, viene sempre da chiedersi se questa combinazione di caratteristiche sviluppava una birra degna di nota o se si trattava di semplice tradizione dettata dalle tecnologie dell'epoca, accettata senza remore in mancanza di raffronti ed alternative.
Senza l'intenzione di generalizzare, allora, provo ad avvicinarmi all'assaggio di una lichtenhainer.
Si tratta della Kwas Beta dei polacchi di Pinta, ormai senza freni nell'intento di produrre qualsiasi stile possibile ed immaginabile.
Birra da 3,2%alc. che si presenta con una schiuma bianca compatta ed appare di color oro, leggermente torbida. Il produttore racconta di averlo usato del frumento ed anche malto d'orzo affumicato con legno di faggio, come da tradizione francona, e malto Monaco. Per completare le informazioni, si parla di 18 IBU dato da luppoli Strisselspalt ed Hersbrucker, lievito US05, ceppo lactobacillus helveticus.
Mi accingo a carpire i primi aromi, ma rimango un po' deluso. Arrivano al naso un forte fenolico, accompagnato da una lieve affumicatura (castagna) e da un citrico (bergamotto), probabilmente da luppolo.
Le cose si complicano quando con coraggio prendo un primo sorso: spicca questa acidità tartarica (piedi, fogna) che però nulla ha a che fare con quei descrittori da lambic (carte da gioco, cuoio, frutta esotica ecc...).
Compaiono anche una certa sapidità e salinità(crosta di parmigiano). Si affaccia un leggero amaro vegetale nel finale.
Nel complesso non è stata una bevuta molto piacevole: concetti forti accostati tra loro fanno fatica ad integrarsi. L'affumicatura non si sposa bene con questo carattere acido duro, ancor meno con basse gradazioni alcoliche.
Non mi sento di condannare questo stile ad un nuovo oblio, ma per quanto appreso da questo assaggio non mi sembra ci sia un grande potenziale.
Vero è che tecniche e gusti sono sicuramente cambiati nel corso dell'ultimo secolo, quindi quella che ho bevuta non può essere considerata una vera lichtenhainer, bensì un tentativo di buttarsi sul suo ricordo. Così come è vero che i nostri gusti, i nostri standard di qualità che richiediamo quando beviamo una birra sono decisamente cambiati e spostatisi verso l'alto.
Sta di fatto che, però, non soddisfa pienamente le attese come per altri stili storici è già successo.
Non ho rammarico, però, nell'aver voluto approfondire per conoscere ed esplorare un altro versante del mondo birrario delle birre storiche.
Cheers!
Spesso si tratta di motivi storici, legati agli sconvolgimenti industriali del secolo breve, che ha azzerato il passato per poi farlo rifiorire, anche se non nella totalità.
Degli stili dimenticati molti sono ormai noti e recuperati. Basti pensare a lambic, grodziskie, gose ecc. Altri sono sulla strada giusta, per meriti di qualche birraio con il pallino della storia e buona capacità di immaginazione.
È il caso dello stile Lichtenhainer, e la molla della curiosità mi ha spinto a cercarne una per berla e capire qualcosa in più.
Lo stile prende il nome dalla cittadina di Lichtenhain, piccolo borgo poco fuori da Jena, nel Land della Turingia, Germania. A quanto pare qui a metà del XIX secolo questa birra era molto popolare, non solo a Lichtenhain ma anche nelle vicine Wöllnitz, Ammerbach, Winzerla e Ziegenhain.
L'ultimo esemplare in stile, però, sarebbe stato prodotto nel 1983 alla Brauerei Ed Barfuss Söhne di Wöllnitz, ma sempre a Wöllnitz nel 1997 la Brauerei Talschänke fa uscire dai suoi fermentatori una Wöllnitzer Weißbier, che nei fatti sarebbe stato proprio un tentativo di riprendere a produrre birre in stile Lichtenhainer, ancora attualmente in produzione (servita a mo' di berliner weisse con sciroppi vari).
Dopo qualche interpretazione anche di birrifici americani, tra cui spicca Wesbrook, lo stile è stato anche riconosciuto e menzionato dal BJCP, anche se nella categoria di birre storiche e sperimentali. Sarebbe anche giusto così, dato che si tratta di una birra realizzata con tecniche differenti dalle attuali.
Arriviamo, quindi, ad enunciare quali sono i tratti salienti di questa birra. Possiamo distinguerne quattro:
-birra "session", leggera nel grado alcolico, approssimativamente nei dintorni di 4%alc.
-scarsamente amara, con IBU tra 5 e 12
-spiccatamente acida, tartarica
-affumicata
Si tratta di caratteristiche curiose già se prese singole e quindi ancor più originale è il coktail gustativo che, sulla carta, ne viene fuori.
Le somiglianze con altri stili ci sono: il carattere session e l'acidità richiamano alle berliner weisse. Prendendo di riferimento affumicatura e leggerezza alcolica si può pensare alle polacche grodziskie o alle gose.
Le fonti storiche, però, non ci aiutano: regna confusione, per esempio, perchè sul fatto che possano essere state birre di frumento non c'è certezza. In passato, infatti, col termine weissbier si indicava anche tutto ciò che non era braunbier e che non necessariamente conteneva frumento, vigendo una sorta di semplice distinzione cromatica, per cui non sempre possiamo associare weissbier e weizenbier alla stessa birra solo in epoca recente, non da sempre. Fonti attribuiscono allo stile lichtenhainer la sola presenza di malto d'orzo, altri riferimenti parlano di frumento fino al 50% invece.
A livello produttivo, un'altro punto su cui soffermarsi è il carattere acido. Parliamo innanzitutto di una birra ad alta fermentazione, con lieviti che lavoravano approssimativamente intorno ai 22°C.
Questa acidità, a differenza del caso delle berliner weisse dove non vi è bollitura ed i lattobacilli agiscono già in prima fermentazione, diversamente dalle grodziskie dove il lieve tono acidulo è tutto frutto del frumento e delle gose dove questo acidulo si esalta col carattere salmastro dell'acqua e del sale, nelle lichtenhainer si riferisce ad un momento individuato nella seconda fermentazione e/o durante la maturazione. Questo implica che questo carattere tartarico venga fuori nel tempo e non immediatamente, esigenza che va anche in contrasto con il basso livello di amaro e soprattutto il basso grado alcolico. O meglio, per come intendiamo oggi la birra, sono aspetti che implicano parabole produttive opposte, ma forse proprio questo carattere debole facilitava il sopravvento delle fermentazione lattica.
Dopo tutto questo excursus storico e produttivo, però, viene sempre da chiedersi se questa combinazione di caratteristiche sviluppava una birra degna di nota o se si trattava di semplice tradizione dettata dalle tecnologie dell'epoca, accettata senza remore in mancanza di raffronti ed alternative.
Senza l'intenzione di generalizzare, allora, provo ad avvicinarmi all'assaggio di una lichtenhainer.
Si tratta della Kwas Beta dei polacchi di Pinta, ormai senza freni nell'intento di produrre qualsiasi stile possibile ed immaginabile.
Birra da 3,2%alc. che si presenta con una schiuma bianca compatta ed appare di color oro, leggermente torbida. Il produttore racconta di averlo usato del frumento ed anche malto d'orzo affumicato con legno di faggio, come da tradizione francona, e malto Monaco. Per completare le informazioni, si parla di 18 IBU dato da luppoli Strisselspalt ed Hersbrucker, lievito US05, ceppo lactobacillus helveticus.
Mi accingo a carpire i primi aromi, ma rimango un po' deluso. Arrivano al naso un forte fenolico, accompagnato da una lieve affumicatura (castagna) e da un citrico (bergamotto), probabilmente da luppolo.
Le cose si complicano quando con coraggio prendo un primo sorso: spicca questa acidità tartarica (piedi, fogna) che però nulla ha a che fare con quei descrittori da lambic (carte da gioco, cuoio, frutta esotica ecc...).
Compaiono anche una certa sapidità e salinità(crosta di parmigiano). Si affaccia un leggero amaro vegetale nel finale.
Nel complesso non è stata una bevuta molto piacevole: concetti forti accostati tra loro fanno fatica ad integrarsi. L'affumicatura non si sposa bene con questo carattere acido duro, ancor meno con basse gradazioni alcoliche.
Non mi sento di condannare questo stile ad un nuovo oblio, ma per quanto appreso da questo assaggio non mi sembra ci sia un grande potenziale.
Vero è che tecniche e gusti sono sicuramente cambiati nel corso dell'ultimo secolo, quindi quella che ho bevuta non può essere considerata una vera lichtenhainer, bensì un tentativo di buttarsi sul suo ricordo. Così come è vero che i nostri gusti, i nostri standard di qualità che richiediamo quando beviamo una birra sono decisamente cambiati e spostatisi verso l'alto.
Sta di fatto che, però, non soddisfa pienamente le attese come per altri stili storici è già successo.
Non ho rammarico, però, nell'aver voluto approfondire per conoscere ed esplorare un altro versante del mondo birrario delle birre storiche.
Cheers!
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