De Leite, in stile con stile

Essendo saltata, purtroppo per imprevisti, sia la visita da Rodenbach che quella da Fantôme, abbiamo riempito la mattinata andando a visitare un altro promettente birrificio, che fortunatamente si era già reso disponibile precedentemente.
Brouwerij De Leite si trova nell'omonima via De Leiteweg a Ruddervoorde, nelle Fiandre occidentali, prendendo il nome proprio dal torrente De Leite che scorre poco distante.
Il luogo è un capannone situato nella zona industriale. Trovarlo è stato abbastanza complesso, non essendoci alcuna insegna.
Tra l'altro è curiosa la situazione di questo birrificio, nato come spin-off di una...azienda di arredi in legno!


Avevo incontrato già questo birrificio bevendo una sua folgorante birra più di 3 anni fa, mi incuriosì già da allora questa curiosa impresa dai due volti.
In effetti, si tratta proprio di un opificio dove la produzione di birra e la lavorazione del legno viaggiano insieme senza quasi alcuna barriera, e ci si ritrova a passare da una sala di maturazione con botti allo stoccaggio di tavole, senza fare molti complimenti.
Dal 1998 Luc Vermeersch produceva birra in casa, come tutti gli homebrewers partecipava a meeting e manifestazioni a tema...trovati molti riscontri positivi nella sua piccola produzione decise di partecipare ai corsi specializzati che organizza il birrificio Alvinne. La sua passione è così contagiosa che riesce a coinvolgere anche Etienne e Paul. Proprietario della Helbig, produttrice di arredamenti d’interni, Luc “si prende” una parte di immobile ed incomincia a sviluppare la sua idea di birrificio.
Minimale e post-moderna l'area di ingresso, dove si accolgono i visitatori con oggetti d'arredo intervallati a botti in fermentazione, e non sembra neppure di essere in un birrificio, a momenti.




Veniamo accolti e portati subito in sala cottura, con un impianto da 10 hl: curiosamente opera un mashing all'inglese, ovvero il tino di ammostamento non è riscaldato direttamente ma i vari step di temperatura vengono raggiunti con progressive aggiunte di acqua calda, preparata in un altro apposito tino. Scelta curiosa per un birrificio belga che produce birre dall'ispirazione tutto sommato tradizionale.
Oltre ai fermentatori, visitiamo anche le celle calda e fredda e soprattutto la bottaia.
Non molto estesa, ma comunque ricca di barrique ed anche di foeder, al cui interno avviene solo la fermentazione della birra con aggiunta di ciliegie in maturazione.
Le barrique, invece, vengono impiegate per maturazione ed affinamento di diverse birre, spesso ospitando diverse birre in sequenza.


Come venni a sapere tempo fa quando conobbi il nome di questo birrificio (vedi post linkato precedentemente), le botti provengono dalla Francia, soprattutto dalla regione del Mèdoc, famosa per i suoi vini ricavati da uve a bacca rossa.
La birra più rappresentativa è forse quella Mam'zelle, una sorta di tripel che ha assunto un carattere esotico per via dei Brettanomiceti durante il passaggio in botte, ulteriormente ritoccato dal tocco del legno e di ciò che resta del vino del passaggio precedente.


Qualcosa di simile si nota con le altre birre passate in botte, come la Jeun'Homme: birra più leggera e più amara, ma in cui la presenza del legno si avverte, in realtà non molto piacevolmente, con sensazioni di segatura poco eleganti.
Il ritmo con cui il birraio Luc ed il suo responsabile commerciale ci fanno bere tutte le birre è elevatissimo, a tratti frenetico. Se poi consideriamo che siamo alle 9.30, viene facile capire che l'intera sessione di assaggi è stata dura.
Tra le tante che beviamo, mi sembrano molto interessanti Ma Mère Speciale e Femme Fatale, molto eleganti nell'uso di luppoli non scontati, e con una bellissima base maltata.


Il pezzo forte, però, è stato la Cuvèe Soeur Ise, birra realizzata a partire da una base tripel, la loro Enfant Terriple, unita a ciliegie in macerazione. Il birraio Luc Vermeersch ci parla di ciliegie comprate al mercato locale, denocciolate (quindi non vanno a dare particolare astringenza). Il quantitativo è di 40kg per 170 litri, ovvero quasi 250 g/l.
Fantastico l'aroma, che rivela folgoranti suggestioni di panna cotta con topping di fragole e ciliegie. In bocca è morbida, pannosa e gentilissima, la base di malti si intuisce anche, ma scorre via molto velocemente ed elegantemente.
Una vera scoperta, probabilmente la più buona di quelle bevute al bancone del birrificio. Bello anche il gioco di parole e suoni sul nome, dato che "cerises" è il termine francese per indicare questi frutti e suona proprio come Soeur Ise, una fantomatica suora che induce in tentazione.


La visita si conclude: seppur frettolosamente e con tempi convulsi, abbiamo avuto modo di conoscere più da vicino questo produttore molto valido.
Non capisco solo perchè, nonostante sia arrivato sul mercato anche italiano diversi anni fa, non si sia diffuso nè il suo nome nè le sue birre. Probabilmente si tratta di questioni distributive.
Però è uno di quei birrifici belgi nuovi con un bel background dietro, con birre che raccontano un certo modo di conciliare tradizione ed attualità senza scadere in banali tendenze nè assecondando mode o follie.


Una filosofia che conserva un rischio in termini di visibilità, certamente, ma che forse va a colmare quel vuoto, quel bisogno di nuovi interpreti delle vecchie tradizioni, di cui oggi paradossalmente in Belgio si sente la mancanza.
Spero, quindi, facciano ancora più strada e che con le loro birre sfidino il dominio "hipster" della birra moderna, omologante ormai in tutti i mercati europei.

Cheers!

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