Conoscere uno stile: Kuyt

La notizia di qualche anno fa dell'inserimento dello stile Kuyt fra le categorie della Brewers Association sorprese un po' tutti. Di questo tipo di birra si era parlato da qualche anno qua e là, più che altro per una manica di esempi prodotti da marchi olandesi. Nonostante i Paesi Bassi abbiano un grande passato birrario, poteva essere  - e non lo è stata - quella bandiera che avrebbe potuto attirare l'attenzione di curiosi e appassionati.
Diciamo che nel tempo non è andata molto bene per questo tentativo, dato che se ne è parlato veramente pochissimo e solo riferendosi ai pochi esempi, neppure rintracciabili, che non hanno avuto un seguito neppure in patria.


Eppure c'era qualcosa in questa birra che mi attirava tantissimo. Mi è capitato in una sola occasione di bere qualcosa, ma nonostante non mi avesse fatto innamorare al primo sorso, dopo anni ho voluto togliermi il dubbio di come fosse berla con più attenzione e cognizione di causa.
Serve andare con ordine, però.


STORIA
Le prime versioni di questa birra risalgono al Medioevo, quando l'avena era un cereale molto utilizzato. In quei tempi ('200 circa) non si usava il luppolo e c'era ancora quel mix di erbe amaricanti che va sotto il nome di gruyt e che dà lo stesso nome anche a questo tipo di birra. Per una serie di assonanze e associazioni mentali, nel tempo kuyt è stato confuso con gruyt e si è pensato fosse la stessa cosa, il che poteva anche essere possibile e per un certo lasso di tempo lo è stato. Ma da quando è giunto l'uso del luppolo ('300 circa) in tutta l'area che si affaccia sul Mar del Nord, se ne è fatto abbondante uso e possiamo dire che forse è cominciata la storia moderna della birra.
Come racconta Roel Mulder su Lostbeers (blog olandese, quindi chi più di lui?), nell'area che va dagli attuali Paesi Bassi fino alla regione tedesca della Westfalia, l'uso di avena è sempre stato cospicuo ed era molto diffuso anche l'uso del frumento. La prima traccia di una birra con alta dose di avena risale a produzioni nella città di Amburgo (90% avena), seguite e imitate nelle città olandesi di Zwolle, Zutphen, Gouda, Delft e Haarlem. Gli olandesi, grandi commercianti, cominciarono ad influenzare con questa innovativa birra di avena e luppolo anche le produzioni belghe, fino a tallonare sul suolo inglese le loro stesse birre, non ancora luppolate. E pare sia il successo di queste ale luppolate ad aver fatto spazio nel lessico francese e inglese della corrispettivo della parola birra (dal fiammingo e dal tedesco bier), fino ad allora rispettivamente cervoise e ale. Pare l'influenza olandese fosse molto forte, insieme a quella dei birrai tedeschi, innanzitutto nella stessa Londra. Storicamente, come per altre birre, era usuale la presenza di due versioni, una single kuyt e una double kuyt: la prima potrebbe, addirittura, essere alla base della particolare dicitura AK ("Ale Kyte”, che in fiammingo starebbe per "leggera birra") con cui venivano indicate delle session inglesi con caratteristiche di essere chiare, luppolate e leggere, come suppongono Martyn Cornell su Zhytophile e Ron Pattinson su Shut up about Barclay Perkins.
Dal '600 il nome di Delft era anche usato per indicare lo stile kuyt, ma via via si narra che calò la sua qualità fino a gettare discredito sulle birre di avena stesse e far tramontare lo stile: l'ultimo a produrrne una fu un birrificio di Münster nel '900, poi il vuoto.

STILE
La produzione prevede una dose abbastanza definita di cereali: nel periodo tra 1400-1550 storicamente, in media, l'avena maltata era al 45%, il frumento maltato al 20% e il restante 35% era concesso all'orzo maltato.


Proprio queste sono le proporzioni sono state codificate dalla Brewers Association.
Inoltre, la densità iniziale dobrevve trovarsi nel range 1.050-1.080 (si pensi anche alle versioni session e double), con alcool tra 4,7% e 7,9%. Da una birra con questi malti il colore viene ad essere chiaro, tra 10 EBC e 25 EBC, mentre per quanto riguarda il lievito si dovrebbe andare su ceppi neutri ad alta fermentazione con qualche tocco fruttato.
Al contrario di qualche fonte che non trova molti riscontri altrove, le kuyt passavano per essere poco luppolate (si pensi anche alla coesistenza con la fase del gruit), con un amaro accennato.
La caratteristica visiva è la sua leggera opalescenza e la presenza di una schiuma moderata (cosa tutt'altro che scontata con l'avena), con corpo medio e sapori generici di cereale.
All'apparenza tutto facile.

MALTI
Il nodo centrale, dunque, è l'avena. È un cereale che viene utilizzato di più forse solo adesso, grazie all'ondata di novità portata dalle NEIPA in cui spesso è usato in percentuali fino al 20%, mentre di solito solo in qualche saison è stato impiegato in dosi credo del 10% circa. Usarne il 45% non è un'impresa da poco per diverse problematiche, tra cui sicuramente l'alto contenuto di olii e beta glucani (polisaccaridi molto presenti in fibre naturali) che possono avere degli effetti sulla tenuta della schiuma.
L'argomento avena è molto complesso, ma lo spirito di sperimentazione e la voglia di approfondire del celebre blogger Scott Janish sono alla base di un suo post in cui raccoglie informazioni birrarie sull'avena da paper scientifici e racconta anche la sua esperienza con avena non maltata.

I post sono molto lunghi ma riformulando alcune informazioni chiave possiamo schematizzare questi concetti:

  • occorre partire dal 18% di avena maltata per avvertire un corpo setoso
  • l'alto contenuto di beta glucani, che si ripercuote sulla alta viscosità del mosto, può essere ridotta con step per enzimi beta glucanasi (acid rest), aggiunta di enzimi ulteriori, uso di un malto base meno viscoso (6-row), uso di un filtro più performante
  • quando si usa avena non maltata non è necessario fare un cereal mash (infusione separata di soli cereali crudi per far avvenire la gelatinizzazione degli amidi) apposito: la temperatura di gelatinizzazione dell'avena è nel range 57-72, perciò in qualsiasi schema di ammostamento avviene con successo in tempi medi.
  • alte percentuali di avena non maltata possono portare a bassa ritenzione della schiuma
  • alte percentuali di avena possono determinare una birra meno fermentata di una fatta con solo orzo, facendo risultare una densità finale più alta
Aggiungo altre mie considerazioni di cui ho tenuto conto per studiare il grist e il mashing:

  • ho pensato di eseguire uno step per l'attivazione degli enzimi beta glucanasi per degradare i beta glucani dell'avena: a causa della loro struttura gommosa contribuiscono a rendere molto viscoso l’impasto di acqua e grani durante l’ammostamento e possono influire negativamente sulla stabilità della birra.
  • non volendo rischiare nulla sulla tenuta della schiuma, ho pensato di aggiungere però anche avena in fiocchi, che sono in uno stato intermedio tra cereale maltato e non maltato 
  • prevedendo aggiunta di frumento maltato, ho voluto anche eseguire il protein rest per migliorare ulteriormente il fattore schiuma, eventualmente penalizzato dall'avena maltata
Ragionando in questi termini, ho creduto di aver preso le giuste precauzioni per lavorare con l'avena.
Ho usato 45% avena (38% avena maltata, 7% avena in fiocchi), 23% frumento maltato e 31% malto Pils. Teoricamente la mia birra avrebbe 14 EBC.


Per un po' ho pensato di usare la lolla di riso, per via della questione dei beta glucani. Ma avendo previsto uno step proprio per abbatterli, non aveva molto senso. In più, macinando l'avena si osserva quanto sia abbondante proprio la quantità di glumelle, molto importanti proprio per la filtrazione. Per cui mi sono buttato e ho proceduto senza lolla.
Per completare il discorso, sottolineo che per qualche birra con avena più complessa è in commercio una versione di avena ancor più maltata: è il malto Golden Naked Oats di Simpson's.
Volevo una kuyt che non fosse nè session nè la versione rinforzata, per cui mi sono post nel mezzo del range, fissando come obiettivo il valore di OG 1060.

LUPPOLI
Poco da dire a proposito: ho previsto solo una gitta a 60' di un luppolo leggermente agrumato ma delicato, ovvero lo Styrian Golding, per ottenere circa 32 IBU. Non mi sono abbassato ulteriormente perchè prevedevo che la densità finale non sarebbe stata bassa.

ACQUA
Inseguendo una birra dal profilo alquanto neutro ma che mettesse in evidenza i malti, ho deciso di andare in un rapporto solfati/cloruri di 0,8, che favorisse questi ultimi. Il pH l'ho tenuto a 5,2 durante l'ammostamento.


LIEVITO
Volevo qualcosa di neutro, di fedele e di semplice, senza aggiungere un ulteriore livello di complessità alla fermentazione. Ho optato per 2 bustine di US05, ma come alternativa si può andare su ceppi American Ale, ceppi inglesi molto neutri oppure su German Ale.

AMMOSTAMENTO
Per il discorso fatto in precedenza, l'ammostamento non è assolutamente da lasciare al caso.
Ho fatto il mash in a 42°C, scendendo a 40°C per restarci per 20 minuti e operare uno step per beta glucanasi. Successivamente sono salito a 52°C per 20 minuti per un protein rest leggermente più lungo dei miei soliti 10 minuti.


Il mosto andava via via diluendosi, proprio per il lavoro degli enzimi che nello stesso tempo hanno ridotto la viscosità e la torbidità.
Dopo di ciò, per la solita fase di ammostamento ho previsto 30 minuti a 65°C per avere buona fermentabilità. Con tutte queste rampe solitamente 30 minuti vanno bene per convertire molti amidi, così ho previsto a 72°C solo altri 10 minuti per un po' di destrine. Alla fine di tutto, il classico mash out è giunto portando tutto a 77°C per 10 minuti.

FERMENTAZIONE
Bollito e trasferito il mosto, l'ho fatto fermentare a 20°C per i primi 3 giorni, facendolo successivamente salire gradualmente fino a raggiungere i 24°C nel quinto giorno, momento in cui ho notato che aveva raggiunto già FG 1016. Lasciandola a quella temperatura per altri 3 giorni, ho misurato una definitiva FG 1015, da cui ho potuto calcolare i 6,0% alc e l'attenuazione del 75% del lievito. Ho lasciato poi la birra a maturare a freddo per una winterizzazione di 7 giorni a 3°C.
Il grande slurry formatosi l'avrei utilizzato successivamente per fermentare una densissima imperial stout.
Ho imbottigliato con zucchero con l'obiettivo di ottenere classici 2,4 volumi e piazzarmi in una fascia media di priming.


VALUTAZIONE
Parto dalla schiuma, che stavolta non è una valutazione scontata. Era impegnativo riuscire a ottenerla con 45% di avena, ma il 23% di frumento, l'uso di un po' di fiocchi e l'ammostamento elaborato credo abbiano dato frutto. La schiuma è pannosa e bianca, resiste e si mantiene sempre alta almeno un dito. Non svanisce subito, anche se dopo qualche minuto tende a scendere. Mi sento più che soddisfatto con questo risultato, era una delle mie preoccupazioni principali.
L'aroma è molto complesso: si ha un impatto fruttato, che sviscerato si articola in sensazioni di pesca, banana e una punta esotica di ananas. Ad accompagnare una sensazione quasi vanigliata, che spesso si incontra in qualche saison con grani speciali


Al gusto si dimostra per il suo carattere fruttato, con una iniziale sensazione dolce e vanigliata, alquanto avvolgente. Nel finale c'è una leggera amaricatura e una sensazione quasi di zenzero, con un pizzicore leggero che forse potrebbe essere dovuto addirittura al luppolo ma non mi viene di escludere nulla sul fronte avena. Una leggera spinta acidula accompagna tutto il sorso e ben stempera la parte maltata dell'avena. Una leggerissima astringenza si affaccia sul finale.
In tutto ciò, il corpo è una bella sorpresa: morbido ma senza contribuire a sensazioni stucchevoli, setoso ma non troppo denso, tendenzialmente vellutato.

ESEMPI
In passato ho assaggiato alcuni esempi di kuyt moderni. Celebre quella prodotta dagli olandesi di Witte Klavervier , la Koyt - Kuit - Kuyt in onore delle tre diverse varianti linguisiche, che però non ho avuto modo di bere.
Ho anche bevuto tra i pub Arendsnest e In de Wildeman di Amsterdam la Koyt di Jopen che però si rifà a quella birre "gruit", con un amaro dato da erbe, dal colore molto ambrato e con base maltata caramellata che segue uno schema più da doppelbock che da birra con avena. Grande ricordo ho, invece, della Shampoo di Oedipus, che sia cromaticamente che a livello organolettico ha qualche assonanza con questa mia kuyt sul lato della morbidezza.



GIUDIZIO
Non pensavo di ottenere questo risultato, ma ovviamente ci speravo molto. Non era scontato che recuperando uno stile perduto riuscissi ad avere qualcosa di bevibile con piacere.
Per certi versi questa kuyt si avvicina ad alcune saison con aggiunte di altri cereali (mi vengono in mente alcune con avena e farro), dall'altra il corpo pieno e qualche estere sul versante bananoso mi fa sovvenire alcune weiss molto semplici. Sta di fatto che il resto del fronte fruttato era totalmente fuori dalle mie previsioni, ma lo apprezzo molto. Durante la fermentazione qualche assaggio mi suggeriva un contributo esotico ancora più grande, ma nel complesso questo è rimasto presente, così come l'acidità leggera che però è davvero essenziale.


Covavo da troppo tempo questo desiderio e con buona soddisfazione posso dire di aver prodotto una buona birra che ruota attorno all'utilizzo di un cereale tutt'altro che semplice. In un certo senso, questa soddisfazione per me vale doppio.
Vale la pena ricordare che con l'avena qualcuno si è spinto anche sul 100%: non so se qualcuno la ricorda per via dell'etichetta kitsch, ma era la #Toats di Toccalmatto + Stillwater.
Non so se questo tipo di birra può essere apprezzato da molti, anche se questi toni fruttati hanno molte assonanze con quelli che in una NEIPA si avvertono e che lì vengono ulteriormente enfatizzati dal grande quantitativo di luppolo aggiunto. Ma sicuramente è una di quelle birre che fa comprendere il contributo di un cereale non convenzionale e, fosse anche solo per questo, la farei bere a tutti gli homebrewer che abbiano questa curiosità.

Cheers!

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