Stille Nacht, esegesi di una verticale domestica

Nel mondo birrario europeo il Natale è facilmente associabile a birre di stampo belga e in misura minore anche a qualche birra tedesca, con qualche Weihnachtsbier dal grado alcolico superiore alla media ma non esagerato (la più celebre e buona è forse la Weihnachtsbock di Zehendner). 

Fra le kerstbier belghe ha sicuramente il più grande appeal la Stille Nacht di De Dolle: una birra nata quasi per sbaglio e modificata nel corso degli anni. Prodotta per la prima volta nel 1980, per cui già al primo anno del birrificio di Esen che ha appena spento la sua 40a candelina, era prodotta con lievito Rodenbach fino al 1999: appena l'azienda acquisita da Palm ha cessato di fornire questo servizio, il birraio Kris Herteleer ha deciso di ripropagarselo da sì, o quasi.



I dettagli della storia sono raccontati molto bene qui dall'immancabile Davide Salsi di Unabirralgiorno, che raccoglie anche una citazione di Kuaska a proposito di questa birra e che mi torna molto utile per introdurre il mio di post:

"ogni millesimo di questa birra ha un qualcosa di magico ed un percorso diverso, e nonostante tutti gli sforzi dettati dall'esperienza, difficilmente classificabile. Può capitare un'annata che, giovanissima, appaia francamente deludente, facendoci dubitare sul lavoro di De Dolle e che, dopo pochi mesi o qualche anno, si schiude come una bellissima farfalla dalla sua crisalide. E viceversa, Stille Nacht battezzate dagli esperti come capolavori assoluti, che durante la maturazione perdano verve senza confermare le promesse di lunghissima vita e di gemma assoluta".

Ogni anno acquisto un paio di Stille Nacht, non di più. Una la bevo il 25 dicembre, l'altra la tengo nel frigo della cantina, con temperatura intorno ai 6-7°C. Non le ho stappate mai negli ultimi anni, mentre in passato non riuscivo a tenerle più di un paio d'anni per quanta era la curiosità o perchè, magari, non ero riuscito a reperirne.
Quest'anno, così facendo, ho accumulato 5 Stille Nacht di annate successive. Il pensiero di berle in un'unica sera mi ha sfiorato ma l'ho subito rigettato, mentre mi è sembrato carino andare a ritroso con gli anni, partendo dalle più giovani. Non si tratta di una verticale che avviene con bevute contemporanee, ma con un piccolo sforzo mnemonico e di attenzione si riesce facilmente a tirare fuori qualche considerazione.


La premessa a questa verticale è composta da altri due contributi
Uno è quello relativo alla fatidica questione degli asterischi: come è noto e evidente, su ogni tappo di Stille Nacht è stampato come gesto di trasparenze e correttezza anche l'annata di produzione, oltre a uno o più asterischi. Ci si chiede spesso a cosa questi fanno riferimento.
Le teorie messe in ballo sarebbero tre:


  • ogni asterisco indica un diverso batch
    Questa storia è quella che circolava fino a qualche anno fa e che intuitivamente associava ad ogni asterisco una diversa cotta, che per ragioni comprensibili avevano piccoli particolari differenti le une dalle altre
  • ogni asterisco rappresenta un blend
    Ha provato a dare qualche risposta a questo interrogativo lo scorso anno Fabio Di Folco di Cantina Brassicola Digitale, che intervistando sul suo blog Kris Herteleer ottiene queste risposte: “Noi produciamo molti batch di Stille Nacht, i quali vengono successivamente blendati (quindi la Stille Nacht è in pratica un blend unico di altre cotte!). Noi stampiamo sul tappo *per il primo imbottigliamento, **per il secondo imbottigliamento, ***per il terzo imbottigliamento, ****per il quarto imbottigliamento.". Secondo questa spiegazione, proprio per evitare differenze, ogni cotta viene tagliata con altre e quello che si marchia è il numero di volte che questo viene fatto.
  • ogni asterisco rappresenta un diverso mercato
    Al di là dei dettagli che riguardano batch o cotte ma solo parlando in termini di prodotto e mercato, l'ultima spiegazione che esce dal birrificio di Esen sarebbe che * è per l’export, ** è per i distributori belgi di bevande delle Drankencentrale, *** per i clienti del birrificio. Se non fosse che sempre quest'anno c'è anche una versione **** in giro (come segnalato da Fabio Manuali), di cui non si conosce nulla. Questa spiegazione viene smentita dallo stesso Fabio di Cantina Brassicola Digitale, che racconta di aver avuto lotti export ma con diversi asterischi negli ultimi anni.
Quest'ultima spiegazione (e qui vengo alla seconda questione) è stata data da Els Herteleer, moglie e partner in affari di Kris, a specifica domanda nel corso di un video.
Il video è una diretta Facebook organizzata per il 23 dicembre 2020 da Gianni Tacchini del Villaggio della Birra, in collaborazione con Kuaska: è molto lungo ma molto entusiasmante, perchè permette quasi di entrare tra le mura di quel birrificio e interagire.


Devo dire di essermi quasi emozionato e non mi capita molto spesso di questi tempi: ho un bellissimo ricordo della visita fatta qualche anno fa ed è un posto che qualsiasi bevitore appassionato DEVE (non serve usare il condizionale) visitare nella sua vita.
È durante questa diretta che Kris afferma che, nonostante altalenanti responsi e diversi comportamenti nel tempo dei diversi millesimi (annate), mediamente il tempo medio di una Stille Nacht per arrivare al suo apice è quello di 3-4 anni.
A questo punto avevo deciso definitivamente: dovevo cercare di farmi coraggio e buttarmi nella fossa della verticale.
Non l'ho mai fatta, neppure in Belgio dove luoghi come il Kulminator di Anversa le propongono in menù.



Attendo il 25 dicembre per berla, e chi se ne importa se è disponibile ormai da novembre. Certe birre hanno un significato che va oltre il mercato.
Queste sono le note che mi sono segnato quando l'ho bevuta.
Sono didascaliche, a volte non è servito andare oltre certe parole e credo che i concetti chiave siano facili da comunicare e comprendere.

🌠2020
Schiuma e carbonazione più ridotte del previsto, ma poco male. Al naso pastiera napoletana, frolla, zabaione a guidare la flotta della pasticceria, di aromi pesca sciroppata e albicocca disidratata per i fruttati.
Il tappeto maltato è innocuo ma sostiene la classica opulenza dolce di miele di castagno, seguito da frutta e pasticceria e una spruzzata di zenzero.
L'amaro è apparentemente delicato ma c'è e occorre a spazzare via tutto quel ben di Dio.
È la solita birra sontuosa che De Dolle Brouwers riserva al Natale.


🌠2019
Percoca scoppiettante al naso, grande etilico e la voglia di bere sale velocemente come sale la sensazione di pasta di mandorle e marzapane.
In bocca si svela la marmellata di mela cotogna, l'albicocca, la mela cotta e poi una eco di passito. Leggera acidità, corpo scattante e bevibilità alle stelle.
L'anno di maturazione probabilmente ha limato qualcosina, ma la birra probabilmente era una bomba già di suo.
Grandiosa!


🌠2018
Qualche segno di ossidazione compare man mano che si va indietro. Un filo di zenzero e uva passa, poi qualche richiamo di passito e i segni del tempo sono serviti.
Bevendola emerge un lieve residuo mellifluo, a cui segue una evidente nota salmastra da probabile autolisi del lievito. Il contrasto dolce-salato non è irresistibile, a me ricordano il caramello salato e il parmigiano, due cibi che non amo.
Non sembra in stato di grazia come speravo ma è bevibile, con difetti minori.
Da bere senza pensare troppo che si tratta di una Stille Nacht.


🌠2017
Ora si va proprio sul vintage e il tempo si misura in gradi di limpidezza. Tantissima scorza d'arancia e aromi di quella marmellata in scatola degli hotel durante la prima colazione. Tutto in ordine però, nessun segno di ossidazione, che però arriva come una mannaia inesorabile al primo sorso. Sapidità immancabile da brodo di carne e poi un liquoroso come di quei brandy dimenticato nella credenza della nonna in soggiorno.
Purtroppo birra andata e da molto, i segni dell'autolisi del lievito sono innegabili.


 🌠2016
Schiuma perfettamente compatta, colore dorato limpidissimo che diventa velato via via che si completa la mescita.
I primi aromi fanno davvero temere il peggio, con una leggera nota acetica che quasi mi rifiuto di scovare.
E quel peggio arriva in bocca: purtroppo l'acetico c'è tutto ed emerge anche un terribile acetone e descrittori che non voglio neanche snocciolare, ma che sono stretti parenti della plastica.
Abbiamo finito male, molto male.
Fortuna che una fresca e vispa Stille Nacht non invecchiata è tutt'altra cosa.


Per integrare di ulteriori spunti, soprattutto tecnici, mi sembra doveroso linkare anche il video prodotto pochi giorni prima del giorno di Natale 2020 da Simonmattia Riva, che ha voluto inaugurare la sua avventura del blog Pensieri di Schiuma con un raffronto Stille Nacht 2019- Stille Nacht 2020, ognuna bevuta da due diversi bicchieri (un bicchiere tecnico da concorso e una coppa trappista). È molto interessante il suo approccio viscerale con la degustazione, contornato da note emozionali e di carattere divulgativo.



La crescente attenzione verso quelle che un tempo erano chicche per pochi sta portando il pubblico della birra artigianale, quello che si è avvicinato negli ultimi anni, a desiderare sempre più birra come Stille Nacht, iconica ed emblematica, quasi uno status simbol del bevitore incallito. Il risultato è che il tema è diventato anche molto popolare, mentre sul fronte prezzi il solito rincaro annuale appare quasi sempre scontato.
Mi sono chiesto ultimamente se valesse la pensa conservare queste birre per anni, quasi come per fermare il tempo e cullarsi nel piacere di essere tra i pochi a goderne della bontà. Ci ho provato molte volte e questa volta ho quasi esagerato a conservarle per 4 anni: nonostante le parole di Kris, ritengo che la Stille Nacht possa dare il meglio di sè al massimo dopo 2 anni di invecchiamento: non è forse la miglior birra da affidare al tempo, perchè rischia spesso di scadere in ossidazioni non piacevoli e nelle conseguenti derive liquorose e vinose non supportate da una base maltata complessa.

Chissà se un giorno riuscirò a tornare a Esen e riparlare con Kris della Stille Nacht, degli asterischi o degli anni necessari ad invecchiarla al meglio.
Per il momento mi accontento di sentir parlare del tempo che passa dalla sua birra più celebre, riproponendomi di berla il più possibile fresca e viva!


Cheers!



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