Conoscere uno stile: Spéciale Belge

A cura di Redazione Esteri, il primo di una serie di post in cui ci si sofferma su storia e caratteristiche di stili di birra ricercati, poco noti e spesso fraintesi, approfonditi attraverso la consultazione (reale e non fantomatica) di fonti autorevoli, citate e riportate.

Cominciamo dalla fine.

Oggi una Spéciale Belge è un prodotto regionale tipico delle province di Antwerpen, Oost-Vlaanderen e Vlaams-Brabant. L’ente certificatore Vlam Streekproducten attribuisce tale denominazione solamente a cinque birre: Palm (Brouwerij Palm), Bolleke (Brouwerij De Konick), Special De Ryck (Brouwerij De Ryck), Tonneke (Brouwerij Contreras) e Spéciale De Poes (Brouwerij De Poes) 1 . Poche etichette, quindi, provenienti da birrifici fiamminghi diversi per storia, dimensioni e tecniche produttive. In Italia non siamo fortunati – o forse sì, ne discuteremo in seguito – perché queste birre negli ultimi anni sono diventate difficilmente reperibili.


In estrema sintesi, una Spéciale Belge è una birra ad alta fermentazione, di colore ambrato/ramato, con un’intensità aromatica e gustativa media, caratterizzata da un’elegante base maltata, biscottata, leggermente tostata, cui si possono aggiungere lievi accenni di caramello e/o di frutta secca, eleganti esteri fruttati e una luppolatura parca. In bocca la birra è mediamente amara e piacevolmente secca e fa dell’equilibrio tra le sue componenti la sua arma vincente. Tendenzialmente filtrata, a volte è pastorizzata, mentre altre volte è rifermentata in bottiglia. 

Questa tipologia venne letteralmente inventata all’inizio del secolo scorso per contrastare le Pilsner d’importazione che stavano invadendo il mercato belga. Dopo un discreto successo iniziale, protrattosi a fasi alterne fino agli anni Settanta del Novecento, lo stile ha avuto un declino deciso e oggi, come visto, ne sopravvivono tutto sommato pochi esempi. Certamente, oltre ai cinque citati in precedenza, bisogna citare la Troubadour Spéciale (Brouwerij The Musketeers, che produce anche la Arsenaal, servita esclusivamente alla spina nel café Oud Arsenaal di Anversa), la Super 64 (Brasserie de Silly), la Franc Belge (Brouwerij De Ranke) e la Yperman (Leroy Breweries). Etichette storiche come Op-Ale (Alken-Maes) e Spéciale 1900 (Haacht) sono state invece tolte dalla produzione in anni recenti. 


L’elenco non è in alcun modo esaustivo, ma queste sono le bottiglie che con molto sforzo è possibile recuperare per un assaggio comparato. Fuori da questo piccolo gruppo esistono molte birre denominate variamente e più o meno impropriamente "Belgian Ale", "Pale Ale", "Belgian Pale" e così via, che sono in realtà interpretazioni molto variegate di una birra ambrata belga, al cui interno possiamo trovare di tutto, dalle spezie al dry hopping. Noi qui ci concentreremo sulle ‘vere’ Spéciale belge, quelle tradizionali.

Tralasciando per il momento l’aspetto storico, conviene dare un’occhiata alle più diffuse linee guida stilistiche, per vedere come la tipologia viene inquadrata. 

LINEE GUIDA

Come sempre, la descrizione più dettagliata la fornisce il BJCP, che nella categoria 24B – Belgian Pale Ale recita: “A top-fermented, all malt, average strength Belgian ale that is moderately bitter, not dry-hopped, and without strong flavors. The copper-colored beer lacks the aggressive yeast character or sourness of many Belgian beers, but has a well-balanced, malty, fruity, and often bready and toasty profile. […] Created after a competition in 1904 to create a regional specialty beer to compete with imported British ales and continental lagers. De Koninck of Antwerp is the best-known modern example, making the beer since 1913. […] Fairly similar to pale ales from England (11 C Strong Bitter), typically with a slightly different yeast character and a more varied malt profile. Less yeast character than many other Belgian beers, though. Commercial examples: De Koninck Bolleke, De Ryck Special, Palm, Palm Dobble.” 2 

Le linee guida della Brewers Association sono come sempre più sintetiche, ma fondamentalmente assimilabili al BJCP – tranne che per il colore, che qui scende fino al dorato. Come denominazione viene scelta una buffa via di mezzo tra anglofonia e francofonia: Belgian-Style Speciale Belge. 3 

Le categorie del Brussels Beer Challenge si allineano alla Brewers Association, riprendendone il nome Belgian-Style – Spéciale Belge e quasi tutte le caratteristiche. Il colore, questa volta, parte da dorato intenso e gli estensori della guida aggiungono un riferimento alle interpretazioni moderne, che a detta loro possono essere più amare e alcoliche. 4 

La European Beer Star, per finire, non presenta una categoria assimilabile a Spéciale Belge.

Avventurandoci fuori dal mondo delle linee guida per concorsi, la situazione si fa via via più nebulosa. La EBCU fornisce uno scarno riassunto: “Spéciale or Speciaal (Belgian Pale Ale). A soft, gentle form of pale ale (4.8-5.5% ABV) in which hopping is typically low and spicing is absent, lacking the Belgian tendency to challenge while retaining the principle of balance. Its origins are obscure but it was boosted in the early 1900s – some brands using the date 1900 in their names.”  5 

LIBRI

L’Oxford Companion To Beer, riferimento da consultare per qualsiasi ricerca in questo ambito tematico, incredibilmente non ha una voce né per Belgian Pale Ale, né per Spéciale Belge. Nemmeno nella parte dedicata al Belgio ci sono riferimenti a questa tipologia di birra.
Solamente sotto Palm Breweries c’è un accenno alla Spéciale: “The product responsible for the company’s success has been Palm Speciale, an amber-color, biscuity pale ale with 5.4% alcohol by volume, created in 1904.”  6 
Terry Foster, alla voce Pale Ale scrive: “Pale ale can denote a specific style of beer in one context, but in its predominant form it is a generic name for a group of copper-colored, hop-forward, bitter beers. These include English and American pale ales, India pale ales, double India pale ales, English bitter (ordinary, special, and extra special), and Belgian pale ales.7 
Keith Villa, riferendosi al birrificio De Koninck, riporta: “De Koninck (5% ABV) is the largest seller and is made from 100% malt and hopped with only Saaz hops. It is the original beer from this brewery. The unique De Koninck ale yeast provides the signature biscuity flavor profile. […] Throughout the city of Antwerp, De Koninck ale is known simply as ‘De Koninck’ and is generally served in a unique goblet called a ‘bolleke.’ The bolleke showcases the creamy head, amber color, and delicate aromatics of De Koninck, and the word ‘bolleke’ has come to be virtually synonymous with the beer itself. Many establishments that serve the bolleke also provide a shot glass filled with fresh yeast from the brewery; this can be added to the beer or drunk on the side.” 8  Niente di nuovo, quindi. 

La Good Beer Guide to Belgium del CAMRA, nella sua ultima edizione datata 2018, dedica allo stile un brevissimo capitolo situato nella prima parte del libro e intitolato Special & Pale-Ales, con un’ermetica sintesi storica, che attribuisce al birraio britannico George Maw Johnson l’invenzione di una Pale Ale più dolce dei corrispettivi britannici e caratterizzata da varietà di luppolo fiamminghe, piuttosto che inglesi. Gli esempi citati dalla guida britannica sono Palm, De Koninck e Yperman. 9 


Altra ricerca a vuoto nel pionieristico The essentials of beer style di Fred Eckhardt, che dalla voce ‘Belgian ales’ nel sommario rimanda al capitolo II-7. Amber beers: Pale Ales, dove però questa tipologia non è citata per nulla. 10 

Sul versante italiano, bisogna menzionare il recentissimo libro I Paesi della Birra - Belgio, dedicato al Belgio da Slow Food Editore: “Sempre all’interno del grande gruppo delle Belgian Ale […] ci sono le Spéciale Belge, in qualche caso chiamate anche Belgian Pale Ale. Queste birre hanno circa 5 gradi alcolici (come le pils, birre a cui sono contrapposte), sono decisamente ambrate, con un evidente aroma di biscotto e caramella mou. Morbide, di facile beva nonostante l’amaro moderato (di poco sopra la ventina di Ibu). Ottimi esempi dello stile: De Koninck Bolleke o De Ryck Spécial.”  11 Giaccone e Signoroni dedicano poi una scheda alla Special De Ryck, prodotta per la prima volta nel 1920 come risposta al proliferare di birre Pilsner importate. In questo approfondimento, i due autori affermano che la tipologia venne inventata nel 1905, quando la Brasserie Binard vinse con la Belge du Faleau un concorso appositamente indetto dall’Unione dei birrai del Belgio per sviluppare una categoria di birre nazionale che potesse competere con il successo delle birre a bassa fermentazione d’importazione. I due autori, infine, affermano che oggi queste birre sono filtrate e pastorizzate e che la Spécial De Ryck (che a differenza delle altre è rifermentata in bottiglia) sono caratterizzate da “una buona secchezza unita a una punta di acidità.”  12 

Altro testo da compulsare è la The Beer Bible di Jeff Alworth. Anche in questo caso, però, ricaviamo ben poche informazioni. Il capitolo Amber and blond ales recita: “Amber ales date back centuries in Belgium and were once a much larger part of the brewing scene than recent-arriving blonds. [...] There are still several classic examples around, like De Koninck Amber, Dubuisson’s venerable (and powerful) Ambrée, and Caracole’s rustic flagship, also called Caracole. This group gives you a sense of how broadly this category can range, too. De Koninck’s beer is a mere 5.2% ABV and has a lightly malty palate enlivened by gentle fruity esters.” 13  Fine delle trasmissioni.

Leggermente più corposo è l’ormai datato Belgian Ale di Pierre Rajotte: “The malt is evident but the hops are subdued. They are there but more to underline than assert”.  14 L’autore cita poi i due capisaldi dello stile: “Once you have had a De Koninck on draught you understand why this is the most popular beer in Antwerp. There is served in a glass that implies invitation to a religious ceremony. The aroma is fruity and inviting. The palate is mellow, fruity and accentuated with just a hint of hops. The aftertaste is subdued and disappears like a thief in the night. In the bottle – forget it.” 15  “Special Palm – Another beer with a large distribution. One of the best buys in the bottle. Nice fruity aroma and palate. Distinctive taste.”  16 


Scritto in bello stile e corredato da numerose schede dedicate a singole etichette è Great beers of Belgium di Michael Jackson: “With its village-based diversity largely intact, Belgium nonetheless sought to create a national style of beer. Professors of brewing at Ghent and Leuven became involved. Competitions were organised among brewers. The fascinating story has been told in detail by Belgian beer writer Jef Van den Steen. The result was a style of beer identified as Belge or Spéciale or sometimes by the English-language term Ale. These are top-fermenting brews of a conventional gravity (usually around 12 Plato, 1048) and strength (about 5.0 by volume); made exclusively or primarily from barley malt (rather than wheat or any less usual grain); seasoned with hops (though some are spiced); fermented with top yeast; and matured without the use of wood or any other technique. They are usually served filtered. In the European system units of colour, most are in the 15-25 range; in bitterness, 19-30. They are similar to the traditional Pale Ales of England, but often with the fuller flavours of Belgian malts, less inclined to dry-hopping or aggressive bitterness and – most distinctively – more estery, and spicy in their yeast characteristics. They sound mainstream, but some are simple classics. De Koninck and Palm are particularly well known, but ales in this style are made by many Belgian brewers, especially in a central strip from the western part of the provinces of Antwerp and Brabant all the way south to Charleroi”. 17 

Nel 1979 veniva pubblicato il libro Bier di Wilfried Patroons, una delle prime opere divulgative dedicate alle birre belghe. L’autore fornisce una fotografia della situazione a quella data e, naturalmente, si sofferma anche sullo stile che stiamo analizzando, affermando che le birre ad alta fermentazione includono le belghe speciali (dette anche ‘La Belge’), le birre inglesi e le birre d’abbazia. Per quanto riguarda le birre di tipo Spéciale belge – anche se Patroons non utilizza mai questo termine specifico – esse possono essere più o meno luppolate a seconda della marca, con il malto caramellato che domina il gusto e conferisce alla birra il tipico sapore biscottato. L’autore aggiunge che queste birre hanno un colore ambrato e possono essere riconosciute perché nel nome commerciale spesso viene utilizzata la parola ‘Ale’.  18 Nel seguito del volume, Patroons passa dettagliatamente in rassegna decine di birrifici belgi, citando – tra gli altri – svariati esempi di Spéciale Belge.


Imprescindibile, infine, il libro di Jef Van den Steen intitolato Ale Spéciale Belge e dedicato interamente alla riscoperta di questo stile. La prima cinquantina di pagine, in particolare, si concentra sulla storia, qui chiarita definitivamente grazie all’attento lavoro dell’autore. Riassumendo: fin dall’inizio del Novecento alcuni produttori belgi sentono il problema di dover trovare un’alternativa domestica alle Pilsner importate, in particolare dalla Germania. Servirebbe una birra nello stesso range alcolico, moderna, con lo stesso appeal estetico (quindi possibilmente limpida), per provare a contrastare le etichette straniere. Henri Van Laer pone il problema al congresso dell’Association générale des brasseurs belges, il quale delibera l’istituzione di un concorso per lo sviluppo di una nuova birra di tipo belga, da svolgersi durante l’Exposition internationale de brasserie, d’alimentation et d’hygiène di Bruxelles (5-20 marzo 1904). Il regolamento viene pubblicato l’8 gennaio 1904 da George Mae Johnson nel suo Petit Journal du Brasseur. Teoricamente non ci sono limiti di colore, tipologia di fermentazione e stile (la parola ‘stile’ non era utilizzata all’epoca) di riferimento. L’unico paletto era la densità del mosto, che viene fissata tra 4.5 e 5 gradi belgi (circa 1045-1050, ovvero 11.25-12.5 °P). Grande importanza viene data all’aspetto limpido e all’assenza di deposito in bottiglia. Il processo di valutazione è rigoroso e prevede un primo assaggio, l’analisi in laboratorio delle migliori birre, uno stoccaggio a temperatura controllata per valutare la tenuta dei prodotti e un successivo assaggio comparativo per decretare il vincitore. Si iscrivono solo 22 birrifici. La giuria, tuttavia, non assegna il premio, perché il primo birrificio classificato contravviene al regolamento rifiutandosi di pubblicare il dettaglio del metodo produttivo (cosa che l’Association riteneva importante per permettere l’imitazione della nuova tipologia da parte del maggior numero di produttori possibile). Van den Steen riporta che su sei birre finaliste, tutte sono ad alta fermentazione, chiare, quattro sono del tipo ‘Blonde des Flandres’ e le due migliori sono luppolate a freddo... L’Association e Van Laer non desistono e in occasione dell’Esposizione universale di Liegi (1905) indicono un Concours pour la perfection de la bière belge.  19  Lo scopo dell’evento è esplicitato nel nuovo regolamento, pubblicato nuovamente da Maw Johnson sul suo periodico: produrre una birra di lusso, perfezionare una birra già esistente o crearne una completamente nuova. Sono ammessi fusti e bottiglie, birre ad alta, bassa e spontanee. L’iter valutativo ricalca quello del 1904. Infine, cosa più importante, l’Association générale des brasseurs belges sarà autorizzata a formulare il nome di un marchio commerciale che possa essere tutelato e utilizzato da tutti i partecipanti al concorso per denominare le loro creazioni, purché esse si conformino al regolamento. Si iscrivono 73 birrifici, sui 3362 allora presenti in Belgio. Il premio nella categoria ad alta fermentazione va alla Grande brasserie de Melsbroek (fusto) e a Binard frères di Châtelineau, con la Belge du Faleau (bottiglia). Proprio la Belge du Faleau incontrerà successo di mercato: è ambrata, senza deposito, limpida, di tipo inglese, fatta con metodo a infusione, discretamente amara. L’Association sceglie di utilizzare come marchio il vocabolo ‘Belge’, che Binard utilizza, presto imitato da altre aziende, soprattutto nella regione di Charleroi, come la Brasserie Delbruyère con la Belge, la Belge Delbruyère e la Belge Supérieure. Negli anni Venti, la nuova tipologia belga si diffonde anche nelle Fiandre, dove si preferisce optare per l’etichetta ‘Speciaal’: nel 1920 è la volta della Special De Ryck, seguita da Speciale Palm, Speciale Tonneke (Contreras), Speciale Haacht (Haacht) e Speciale De Koninck. Pur con l’interruzione causata dalle due guerre, il successo prosegue per tutti gli anni Cinquanta, periodo in cui si attesta la denominazione Ale Spéciale Belge, toccando l’apice con l’Esposizione universale di Bruxelles del 1958 (l’autore cita una trentina di etichette, come Maes Spéciale, Moortgat Wonder Ale, De Brabandere Petrus Speciale, De Keersmaeker Hert Ale). Il declino, a tutt’oggi ininterrotto – con la sola isola felice della De Koninck ad Anversa – comincia già alla fine degli anni Sessanta. 20 

Da questi ritagli assortiti possiamo quindi ricostruire il profilo dello stile, alcuni accenni all’origine storica e gli esempi commerciali oggi maggiormente noti. Mi concentrerei in particolare su questi ultimi, perché – al netto delle differenze – è proprio da quelli che bisogna partire per provare a capire prima ed eventualmente a riproporre una birra di questo tipo sull’impiantino casalingo. Personalmente, a livello di homebrewing, mi è capitato raramente di incontrare birre iscritte a un concorso nella categoria Belgian Pale Ale. Devo purtroppo dire che nella totalità dei casi c’entravano poco o nulla con quello che avrebbero dovuto essere in realtà. Le deviazioni più comuni sono sovrabbondanza di luppolo, anche con varietà non continentali, che le avvicinano più alle Belgian Ale ‘contemporanee’ – alla De La Senne, per capirci – lievito troppo espressivo, soprattutto sulla parte fenolica, che spinge verso territori da Patersbier e Saison, base maltata che tende o al neutro, o all’eccesso di tostatura. Certamente la cosa più utile da fare per avvicinarsi a birre di questo stile è un bel viaggetto in Belgio, magari ad Anversa, per gustarle alla fonte, al massimo della freschezza.


Michael Jacskon la pensava più o meno allo stesso modo nel 1979: “Today Antwerp has only one brewery within the city limits, but the beer produced there makes the whole trip worthwhile before a single sight has been seen. […] When the Belgian brewing industry began to switch en masse to bottom-fermentation, after World War One, the Antwerp firm of De Koninck found itself in conservative mood. It felt lacking in either the capital or the expertise to re-equip, and therefore continued to ferment on top. Today, the name of Koninck appears on the fascias of cafés with the legend ‘boge gisten’. Belgian drinkers are sophisticated enough to respond when they see that a beer is top-fermented. […] De Koninck is the regular everyday brand in many of Antwerp’s cafés. It is much the same price as Belgium’s Pilsener-type ‘café’ beers, and much the same strength-but it is a rich, reflective, copper- coloured brew, vigorously full-bodied, with a palate which is all its own. It is creamy, yet translucent; malty, yet very well hopped. […] In the Antwerp area, De Koninck is widely available on draught, and it is most definitely at its best in that form. It is filtered, but not pasteurised, and should be served under very gentle pressure. The bottled version is pasteurised, and carefully carbonated with gases recovered from the fermenting vessels. [...] Bruxellois, on the other hand, swear by Special Aerts, traditionally sold in Burgundy bottles. [...] There are also several brands which are to varying extents ‘national’: Op Ale; Palm Ale (the latter brewery produces two or three different beers); Ginder Ale; and Vieux Temps. Many Belgian ales are true originals; others are a response to the popularity in the country of a few high-quality English top- fermented beers. The Belgian brews usually taste yeastier than English ale (or German Alt) maybe because the Belgian brewers tend to be faithful to a single yeast culture, whereas the British use blends of yeasts. The Belgian ales are often aromatic in their flavour and bouquet. In the case of the true local speciality, this may owe much to the craft of the brewer; in the case of the imitation- English ale, it may owe more to his craftiness”. 21 


Una descrizione meravigliosa, che come sempre fa venire voglia di comprare un biglietto aereo su due piedi e pone l’accento sull’eleganza di queste birre prendendo le mosse dalla De Koninck, archetipo dello stile. In effetti, passare alcune ore in uno dei tanti café di Anversa e lasciarsi accarezzare il palato dalla birra che oggi è chiamata Bolleke (il renaming è datato 2019) è un’esperienza davvero piacevole. Bolleke… l’abbiamo citato a più riprese. Dedichiamo quindi le ultime righe a una breve spiegazione. Bolleke è il nome (letteralmente ‘piccola sfera’) dato alla coppa introdotta nel 1952 e oggi tipicamente utilizzata per servire la Spéciale Belge di casa De Koninck. Informalmente prima e oggi ufficialmente, questa birra è talmente famosa da aver finito per assumere direttamente il nome del tradizionale bicchiere. Tuttavia, non bisogna pensare che la coppa sia l’unico vetro adatto a una Belgian Pale Ale. De Ryck, ad esempio, preferisce un boccale per la sua Special – che del resto nasce come alternativa alle Pilsner importate e quindi adotta anche il bicchiere tipico di una Lager tedesca. Non è inusuale, invece, trovare la Spéciale Palm servita in una specie di snifter (ma in passato circolavano molti bicchieri diversi): l’aroma, di per sé già non molto espressivo, non risente particolarmente di questa scelta. A testimoniare questa varietà nel servizio rimane il Paters Vaetje, minuscolo café poco distante dalla cattedrale di Anversa: lì, la Spéciale belge di De Koninck viene servita a scelta in uno dei tre formati Bolleke, Prinske e Fluitje. Solo per degustatori particolarmente perversi.


Redazione Esteri

1 https://www.streekproduct.be/producten/speciale-belge-ale. Il marchio attesta una produzione tradizionale ininterrotta da almeno 25 anni.

2 https://www.bjcp.org/bjcp-style-guidelines/ 

3 https://www.brewersassociation.org/edu/brewers-association-beer-style-guidelines/ 

4 https://www.brusselsbeerchallenge.com/en/registration/#rules 

5 https://beer-styles.ebcu.org/belgian-session-ales/

6 Thomas 2011, p. 640.

7 Foster 2011, p. 638.

8 Villa 2011, p. 283-284.

9 Stange – Webb 2018, p. 52.

10 Eckhardt, p. 87-89.

11 Giaccone – Signoroni 2023, p. 32.

12 Giaccone – Signoroni 2023, p. 110-111. 

13 Alworth 2021, p. 208-209

14 Rajotte 1992, p. 43

15 Rajotte 1992, p. 140

16 Rajotte 1992, p. 141

17 Jackson 2011, p. 238-239 (l’intero capitolo arriva a p. 257).

18 Patroons 1979, p. 69

19 Drèze 1906, p. 171, informa che all’Exposition partecipano 292 birrifici in totale. Durante l’evento, durato alcuni mesi, si svolsero congressi e concorsi, tuttavia il nome Concours pour la perfection de la bière belge non compare in elenco. A p. 342 si cita un congresso dell’Association générale des brasseurs belges, a p. 396-397 si cita un Concorso nazionale dei luppoli.

20 Van den Steen 2016, p. 9-55. Tutto il paragrafo è tratto da queste pagine

21 Jackson 1979, p. 128


Per approfondire


Alworth 2021 = Jeff Alworth, The beer Bible, 2. ed., New York, Workman Publishing, 2021.

Drèze 1906 = Gustave Drèze, Le livre d’or de l’Exposition universelle et internationale de 1905, vol. 2, Liége, Comite exécutif de la Société anonyme de l’Exposition de Liège, 1906.

Eckhardt 1982 = Fred Eckhardt, The essentials of beer style, 4. ed., Portland, Fred Eckhardt Communications, 1982.

Foster 2011 = Terry Foster, Pale ale, in The Oxford companion to beer, Oxford, Oxford University Press, 2011.

Giaccone – Signoroni 2023 = Luca Giaccone, Eugenio Signoroni, I paesi della birra: Belgio, Bra: Slow Food, 2023.

Jackson 1979 = Michael Jackson, The world guide to beer, London, Beazley-Quarto, 1979.

Jackson 2011 = Michael Jackson, Great beers of Belgium, 6. ed., Boulder, Brewers Publications, 2011.

Patroons 1979 = Wilfried Patroons, Bier, Antwerpen-Amsterdam, Standaard, 1979.

Rajotte 1992 = Pierre Rajotte, Belgian ale, Boulder, Brewers Publications, 1992.

Stange – Webb 2018 = Joe Stange, Tim Webb, CAMRA’s Good beer guide to Belgium, 8. ed., St. Albans, CAMRA Books, 2018.

Thomas 2011 = Keith Thomas, Palm breweries, in The Oxford companion to beer, Oxford, Oxford University Press, 2011.

Van den Steen 2016 = Jef Van den Steen, Ale Spéciale Belge, Tielt, Lannoo, 2016.

Villa 2011 = Keith Villa, De Koninck, in The Oxford companion to beer, Oxford, Oxford University Press, 2011.


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