L'Inghilterra e i suoi pub di campagna: cask & handpump tra le contee del sud

Era da molto tempo che mancavo dal Regno Unito. L'ultima volta è stato quasi 10 anni fa e la volta precedente 20 anni fa. Fa un po' specie pensarci e proprio per questo, dopo aver girato abbastanza per Germania e Repubblica Ceca ultimamente, ho voluto spezzare questo dominio delle amate lager per andare e bere nuovamente qualche buona real ale.


Non è facile organizzarsi ormai per un viaggio in UK, occorrendo passaporto e una buona dose di programmazione e tolleranza su costi medio-alti rispetto al resto delle mete birrarie. Ma è troppo poco per scoraggiare un buon beer hunter con tanta voglia di scoprire sempre qualcosa di nuovo.

Non c'è qualche stile inusuale o atipico che stavolta mi aspettava. Bene o male si trovano buone interpretazioni di birre inglesi da parte di alcuni birrifici in Europa e a volte il servizio a pompa o da cask si riesce anche a realizzare nei pochi pub di fiducia. Ma quello che da nessuna parte, a mio avviso, si riesce a emulare è l'atmosfera di alcuni pub inglesi. Inglesi in genere, non londinesi, perché la Londra degli ultimi anni è passata dalla tradizione alla modernità con una velocità impressionante e l'appassionato medio, a volte erroneamente, associa birrifici blasonati alla tradizione inglese. 
Andare a bere inglese non è farsi il Beer Mile o andare a bere le nuove session IPA con luppoli sperimentali, ma per me è andare nei pub delle contee più autentiche a bere le birre più rappresentative, servite al meglio per gli standard inglesi, pagate meno che nella capitale e incontrando i local e i publican.

Un altro motivo che mi ha spinto a costruirmi un itinerario insolito è frutto dei precedenti viaggi in Germania e Repubblica Ceca. Lì la tradizione è forte, fortissima, anche e soprattutto nei villaggi con birrifici comunali, birrerie all'aperto, keller e birrifici che a malapena riescono a sostenere i consumi del villaggio. Ho pensato, quindi, che la grande tradizione inglese doveva e poteva avere ancora dei luoghi dove stesse sopravvivendo alla modernità e così è sembrato essere.

RICERCA

Per documentarsi su queste aree poco battute è fondamentale dotarsi di qualche strumento.
Sicuramente è di grande aiuto la guida Good Beer Guide del Camra, piena zeppa di tutti i posti meritevoli del Regno Unito con tantissime informazioni pratiche sul servizio, sul cibo, sugli orari e sulle caratteristiche dei pub, oltre che sulle birre "resident" che si possono trovare. Il problema è che ogni edizione viene pubblicata a settembre-ottobre, per cui andare a bere in estate significa recarsi in luoghi che sono stati già nuovamente visitati e oggetto di revisioni: si rischia di trovarsi in posti anche chiusi o che hanno perso in qualità nei mesi o, al contrario, di mancare nuove realtà recuperate dall'oblio o da periodi bui. L'argomento è particolarmente importante perché proprio in questi anni tra crisi pandemica ed economica è molto frequente il fenomeno delle chiusure dei pub. Per ovviare a questo handicap, ho usato anche altri strumenti.


Per esempio, l'ottimo Cask Marque fa un gran lavoro. È un'organizzazione che attraverso due visite a sorpresa all'anno in tutti i pub britannici assegna il Cask Marque (link) se il livello dell'offerta e del servizio dei cask è buono, facendo anche una valutazione da 1 a 5 boccali. È molto semplice e diretto e non fa distinzioni tra artigianali o no nè sulla selezione ed è facile da utilizzare la rispettiva app Cask Finder, dotata di geolocalizzazione.

Uno strumento analogo del Camra può essere il What Pub (link), che però prevede l'accesso solo per i membri Camra ma che funziona se si fa qualche ricerca da Google.
Ma volevo qualcosa di più, volevo penetrare nei luoghi più rappresentativi della birra inglese senza l'opprimente presenza delle birre moderne molto luppolate, che spesso cannibalizzano tutto il resto.
Ho cercato informazioni e mi sono spuntati fuori alcuni volumi della serie Heritage Pubs of England (link) sempre del Camra, che censisce periodicamente e classifica in termini di importanza i pub più vecchi e storici del Regno Unito. Si parla meno di birre e più di pub in quanto ambiente sociale e culturale, ma ci sono spunti molto interessanti con approfondimenti su servizio, birrifici locali chiusi, differenze tra aree negli usi, nei giochi da pub, nel modo di gestire la cantina ecc. Sono libri che consiglio a tutti e da cui ho attinto molto quando ho scremato l'immenso numero di pub individuando quelli che potevano interessarmi per cogliere qualcosa di autentico. In particolare mi sono serviti quelli sul South-West (link), Sout-East (link) e East (link) ma molte altre aree sono coperte da ulteriori volumi.

RIAPERTURE, CIRCOLI E PUB DI COMUNITÀ

L'impressione che avevo prima del viaggio è che spesso crediamo di conoscere il mondo dei pub inglesi e che non abbiano più molto da dire perché forse sembra un modello inflazionato. Invece se non si va là in avanscoperta è molto difficile entrare nell'ottica dei consumatori e di quel mondo pieno di sfaccettature che a volte si immaginano appena. Per esempio, le tante chiusure di questi anni dovute a pandemia e crisi economica stanno sconvolgendo i numeri dei consumi e moltissimi pub stanno chiudendo. Mi capita di leggere poco prima di partire, forse per via di precisi algoritmi social, che proprio ad High Wycombe, cittadina dove ho deciso di passare qualche giorno come campo base per i vari spostamenti, un pub chiuso è stato ripreso in mano da due appassionati giusto un paio di mesi fa. A me sembra un invito a nozze perché ha anche l'ok del Cask Marque, per cui vado in località Tylers Green nella frazione di Penn, sempre High Wycombe, per entrare dal The Horse & Jockey.


Il giardino davanti è piccolino ma ben curato e così è anche l'interno, che si apre subito con un bancone quasi a ridosso della porta ma due sale sui due lati con tanto calore, camino, freccette con contapunti digitalizzati e tanto chiacchiericcio. Anche qua, bancone con handpump e a seguire lageracce e Guinness al carboazoto. Metà delle persone stanno bevendo queste, io mi fiondo direttamente sulla Landlord di Timothy Taylor, una delle birre più iconiche del panorama inglese, pale ale dalle caratteristiche uniche con malto Golden Promise e luppoli tradizionali come Styrian Goldings e Fuggle. Servita a temperatura ambiente ma non caldissima, con un ditino di schiuma che è un miracolo non sia assente, sprigiona tutta la sua carica fruttata e agrumata con un corpo mostruoso se rapportato al leggero tenore alcolico. Fantastica davvero, impossibile non bissare, anche se a discapito delle altre pompe tra cui Fuller's e altri classici. Luogo molto molto piacevole, difficile andare via a fine serata.


Altro aspetto legato a questi piccoli centri sono i pub di comunità, ovvero quei pub che una volta chiusi vengono riacquisiti non da singoli privati ma da grosse cordate di cittadini che a volte coincidono con la totalità degli abitanti dei villaggi (che a volte si chiamano civil parish, ovvero una forma istituzionale al di sotto del comune, che non ha sindaco ma un'assemblea democratica di cittadini) e che diventa letteralmente la loro casa dove passare tutti insieme le serate. È il caso del The Red Lion, sempre nella frazione di Penn appartenente a High Wycombe, un luogo placido accanto a un laghetto dove i ragazzi passano il tempo pescando.


O ancora, c'è un'altra classe di locali dove bere ma che non possiamo chiamare pub e sono i club, una sorta di associazioni ma ricchi di scelta, a tal punto che il Camra prevede una apposita sezione nelle premiazioni annuali. Uno di questi è a pochi chilometri di distanza ed è il Egham United Service Club e si trova nella omonima città di Egham. Ci vado solo al volo di passaggio, anche e soprattutto perchè per entrarci devi essere membro dell'associazione e del Camra oppure andare in compagni di uno di questi. Però la dice lunga su quanto bere insieme sia importante qui più di ogni altra cosa, a volte più di quello che si beve e di come viene servito.


BUCKINGHAMSHIRE

Non avevo voglia di andare a Londra, neppure nelle prime periferie. C'è un enorme galassia di locali fuori dalla capitale e ovunque ci siano centri più o meno grandi attorno a cui si concentrano i servizi principali. Nel mio caso avevo scelto il Buckinghamshire e la cittadina di High Wycombe, alquanto strategica per essere a metà strada tra gli aeroporti a nord di Londra e il sud-ovest inglese.
Sono venuto a conoscenza del fatto che è molto usuale che una cittadina raggruppi attorno alla propria municipalità frazioni e piccoli villaggi, per cui ho scoperto con sorpresa che oltre ai locali in centrali si nascondevano una miriade di piccoli pub nei villaggi attorno, anche a distanza di 8-10 km dal centro.
Si apre un contesto, quindi, di pub in cui si va appositamente a bere e non di passaggio al termine del lavoro in centro. Il tutto è enfatizzato dalla stagione estiva perché chiaramente si può godere di bel tempo, spazi, aria fresca e tanto verde.


Questa descrizione prende spunto proprio da uno di questi, il Royal Standard of England nella località di Forty Green, frazione di Beaconsfield e comune di High Wycombe, la cui storia affonda le radici nello scorso millennio (basta leggere qua) e basta osservarlo: l'ingresso è dominato da stupende bandiere e araldi, l'interno è un viaggio nel tempo indescrivibile con un tetto spiovente completamente fatto da travi in legno, teli, drappi, tante finestre colorate, buio ovunque e un mix incredibile di stili e atmosfere diverse in ogni nicchia. Regna un silenzio tombale nonostante ci sia gente. 


Il bancone è per metà occupato da lageracce industriali, mentre l'altra metà ci sono handpump, con qualche birrificio locale e qualche nome grosso. Scelgo la seconda opzione, ordinando la Beechwood Bitter di Chiltern Brewery e la Historic IPA di Marlow Brewery. Con mia grande sorpresa, noto facilmente che il colore delle due birre è quasi identico, con sfumature cromatiche che personalmente non riesco a cogliere. In bocca qualche piccola differenza c'è, perché l'amaro della IPA e il suo aroma leggermente agrumato e resinoso sovrastano per intensità quelli della bitter, con un amaro solo di poco inferiore. Tutto sembra comunque tornare ai conti e mi godo le ore di tramonto sui tavoli esterni in un'atmosfera rilassata e spensierata.


Sempre attorno a High Wycombe in una località periferica sorge un altro pub di grande impatto storico, The White Horse. Il nome è uno di quelli più comuni per un pub inglese e ce ne sono anche nei dintorni, dunque tocca essere precisi nel localizzarlo. Ha un aspetto stupendo già esternamente, con una struttura a due piani, classiche finestre decorate con fiori, giardino avanti e soprattutto dietro. Quello che mi piace è il bancone, se così si può chiamare. Sì, perché c'è semplicemente un mensolone che si affaccia nella sala principale - tra l'altro stupenda, con boccali in ceramica appesi ovunque e appartenenti ai clienti che possono acquistarli e custodirli lì - e un altro bancone sul retro, corrispondente a una porticina a cui si accede proprio dal giardino del retro. Serve quindi per far ordinare ai clienti che sono in giardino e che così non sono costretti a entrare. 


Da questo bancone di servizio si riesce a vedere l'ambiente di lavoro, ovvero la "cellar" con i vari "cellar manager" che riempiono le pinte dalle handpump e anche dai cask direttamente a caduta, i quali sono tutt'intorno al perimetro della cella stessa. Sembra davvero un caveau per la sua centralità e la sacralità.


Riesco a bere qualche sidro oltre a una dark mild, la Westmorland Dark Mild di Lister's Brewery, birrificio del Sussex, servita piattissima ma molto buona, tostata il giusto e tendente al caramello bruciato con lievi fruttati, in linea con altre dark mild che mi tornavano in mente. Bevo anche la Dance until sundown di Mill Hill Brewery, birrificio del Leicestershire, una sorta di NEIPA che servita piatta e calda mostra non proprio il meglio delle nuove luppolate inglesi, dimostrandosi impossibile da bere o quasi. Lentamente questi prodotti stanno entrando in tutti i pub, anche quelli di una certa caratura, e forse anche grazie a questo supporto si fanno strada tra i consumatori, per motivi che in buona parte ancora mi sfuggono.



OXFORDSHIRE E GLOUCESTERSHIRE

Ma andiamo al sodo, ai pub di campagna descritti con tanti dettagli sui libri della collana Pub Heritage. In particolare molti si concentrano in zone poco accessibili rispetto alle rotte più trafficate, che poi è sempre il motivo per cui certi usi e tradizioni nel mondo birrario si conservano, per cui Cornovaglia, Suffolk ma anche luoghi isolati come le campagne delle Cotswald e delle Chiltern Hills, luoghi a me più accessibili da High Wycombe, a sole 1-2 ore di distanza (!).
Passando dalle Chiltern Hills mi soffermo ad osservare un bellissimo pub a pochi metri da uno stupendo mulino a vento, uno dei tanti qui presenti. Il pub è il The Whip Inn ed è molto bello notare quanti cask ormai vuoti custodisce all'esterno, tra il cortile di pertinenza e il cancelletto del terreno del vicino.


Dopo un giro turistico nell'immancabile Bibury, attraversando stupendi paesini costruiti di pietra calcarea e ricchissimi di ruscelli e verde (a tratti mi sono sembrate immagini simili a quelle della Franconia) riesco finalmente ad arrivare al North Star nella ridente località di Steventon. 


Sembra di andare indietro nel tempo per più motivi. L'interno con la sala principale rappresenta una delle "village pub room" meglio conservate che ci siano, risalente al XVI secolo, con i separatori in legno a formare ambienti dalle forme che non ho mai visto: c'è un'area centrale con panche laccate bianche e il camino, altre aree in mattoncini, biliardo e poi la celletta delle birre. 


Veniamo al sodo: è uno dei pochi pub che serve solamente cask, solamente a caduta e non c'è alcun bancone. Le birre vengono servite in due punti: una porta che dà nella sala principale e una finestrella che dà sul giardino all'ingresso. Sarebbe un po' l'equivalente delle "schänke", le finestrelle che in Franconia servono a passare direttamente ai clienti che si raccolgono nell'atrio delle birrerie. Vedere queste scene e chiedere birre in questo modo torna a farmi emozionare e rappresenta uno dei rituali di alcuni pub di campagna che mi rende soddisfatto nell'aver affrontato queste distanze per momenti del genere.


Le birre sono ovviamente alquanto calde, con pochissima schiuma anche se non inesistente e con una lievissima gasatura. Ho preso la Bankside Inspector Morse IPA di Green King e la ordinary bitter Hoppit di Loddon. Nel primo caso si tratta di un grande birrificio che è rintracciabile letteralmente ovunque ma ancora attento a produrre birre tradizionali in cask con una certa identità, mentre Loddon è un birrificio di dimensioni molto più piccole e locale in quanto della vicina Reading. La IPA si è dimostrata sia maltata con tracce di miele che ben luppolata con un leggero agrumato e un amaro abbondante. Meno amara la bitter, ma ben ricca sul fronte malti, con finissime tostature e un corpo davvero notevole per una birra così leggera.


Il luogo è quasi surreale, regna la pace e qualche sorriso della gente locale seduta sulle panche, mentre i bevitori più fedeli siedono all'interno o in alcune aree più recenti ricavate per loro all'esterno, dove ci sono perfino campi da gioco per uno dei tanti "pub game" tradizionali inglesi come lo Aunt Sally, una specie di tiro con freccette ma su una bambola.

I cask tenuti nelle copertine termiche, con le vaschette appese "al collo" per raccogliere le gocce residue, il secchio con mocio accanto: tanta tranquillità, spensieratezza, birre godibilissime e costi molto più bassi che altrove. Non ho davvero voglia di andare via da questo piccolo angolo di paradiso, testimonianza di comunità che continuano a mantenere vivi alcuni luoghi simbolo come questo, nell'anonimato generale.


Sono pub che non sono aperti tutto il giorno come nelle città, ma solo dalle 15 in poi, orari in cui cominciano a fermarsi le attività lavorative e prende più vita il villaggio.

Qualcosa di analogo avviene anche in un altro posto magnifico, il Red Lion ad Ampney St Peter, frazione di Cirencester, nel Gloucestershire. Qui non ho potuto trovarmi con gli orari per pochissimo, ma si apre alle 17 e solo giovedì, venerdì e sabato. È sperduto davvero nel nulla, anche rispetto all'abitato di cui fa parte, ma è stupenda la sua struttura in pietra e gli interni devono essere davvero una favola. 

Oltre ad essere anche questo uno dei pochi pub senza bancone, qui la sala centrale è unica: le due birre sono servite da handpump montate direttamente su un muro (vedi foto) e inoltre panche e sedie sono disposte in cerchio attorno ad un tavolo centrale che stimola parecchio la conversazione. 

Il pub è stato chiuso alla morte del publican John Barnard e riaperto un paio di anni fa, seppur con orari e giorni limitati. Una piccola gemma che ho voluto ugualmente osservare esternamente: l'emozione è comunque arrivata tutta!

KENT

Una delle contee storicamente più inclini alla produzione birraria è sicuramente il Kent. Non soltanto per il numero di birrifici o per i consumi, ma soprattutto per la produzione di luppolo. La zona più ricca di luppoleti è l'est della contea, di cui il noto East Kent Golding è il luppolo che più gode di fama, ma sono molto diffusi ancora oggi anche le Oast House


Si tratta di edifici storici risalenti almeno al XVII secolo adibiti all'essiccazione del luppolo. Hanno una forma a cono e in testa ci sono dei comignoli che amplificano l'effetto del vento che con una sorta di risucchio d'aria assorbe quella dell'interno dell'edificio privandola anche dell'umidità e di fatto essiccando il luppolo che veniva appositamente sistemato dentro. Possono somigliare in lontananza a dei trulli, anche perché spesso sono in gruppo di più unità e adesso sono per la maggior parte dismesse o adibite ad altri usi: strutture ricettive, abitazioni, perfino piccoli teatri e ristoranti.


Consiglio ai più curiosi di leggere questo website e relativo libro, molto dettagliati sull'argomento.
Sono uno dei pochi simboli del passato di questa terra di birre, ricca di pub ma generalmente anche ricca in senso assoluto, dato che assume le sembianze di un'area di villeggiatura per gente benestante grazie alle bellissime campagne, alle tenute con fattorie e animali, a laghi e riserve naturali ecc.
Non mancano affatto pub, dicevamo. Anche se mi soffermo attorno alle località di Sevenoaks e Tonbridge, a non più di 45 minuti di treno dalla stazione più orientale di Londra, si respira aria di campagna anche qui. Un contesto sicuramente meno rustico, più impostato e curato sia nei centri che nelle campagne, ma pur sempre originale e autentico.


Un entry level da questo punto di vista è l'impatto che si ha al The Olde Eden, nell'abitato di Edenbridge sempre attorno a Sevenoaks. Il luogo è un pub del XVI secolo stupendo già dall'esterno, inglobato nell'abitato ormai. Appena si entra si torna davvero indietro nel tempo, con tutti gli elementi del pub inglese in un ambiente unico: tavolo da biliardo, camino, bancone lungo e ben fornito, altro camino e alzando lo sguardo travi in legno ovunque. Il tutto con quelle linee architettoniche sbilenche tipiche di un edificio che ha visto passare la storia attorno a sè.


Alle spine c'è sempre la presenza di industriali come in tutti i pub, ma l'immancabile spina locale è rappresentata dalla inarrivabile Harvey's Sussex Bitter. Una birra di cui mi innamorai nel viaggio di dieci anni fa a Londra al mitico Market Porter e che finalmente ritrovo, prima di poterla finalmente bere e conoscere nella visita ad Harvey's del giorno successivo (di cui racconto nel successivo post). La pinta è chiaramente con poca schiuma, servita ovviamente da handpump ma fortunatamente non così "calda" come mi aspettavo. Fantastico il naso finemente agrumato e con un tocco leggero erbaceo e di altri fruttati come susina. In bocca la sua grande eleganza si concilia magicamente con una esagerata bevibilità e sorso dopo sorso si assapora il leggero caramello, un chirurgico apporto di tostature da frutta secca e infine quell'immancabile amaro basso e lungo, ancora tra erbaceo e agrumato. Ricchissima di sensazioni ad ogni respiro e ogni sorso, si conferma la birra che ricordavo e si stampa direttamente in testa fino a pinta finita. La necessità di continuare il viaggio e dover chiudere senza bissare, seppure rappresenti un rammarico, di fatto innalza ulteriormente il suo ricordo, come in ogni viaggio birrario ben riuscito.


Senza perdersi in lamenti, tocca continuare il giro e stavolta finisco al The Little Brown Jug, una ex free house (molto spesso i pub indipendenti usano definirsi così e riportarlo sulla insegna che compare sulla strada). Si respira molta aria buona, siamo anche qua nelle campagne attorno a Sevenoaks ma nell'abitato di Chiddingstone Causeway, Tonbridge, tra colture di mais, fieno e luppolo e qualche fattoria con animali vari. Sembra infatti un pub ricavato da un'antica fattoria o giù di lì per le sue dimensioni ampie, con spazi molto ampi comodi arredati con un gusto tra il classico e il moderno, pieno zeppo di travi in legno ma dalle pareti ben curate e tappezzate di quadri letteralmente ovunque. Si distinguono un paio di angoli però degni di nota, con luci soffuse e delle favolose librerie che danno un tono veramente di classe nonostante fossi in piena campagna.


Sorvoliamo come sempre sulle lager varie e andiamo alle handpumps, dove finalmente riesco a beccare un birrificio del Kent di cui ero molto curioso. Si chiama Larkins ed è a pochi chilometri da lì, pur non avendo un vero pub di mescita ed essendo chiuso alle visite il birrificio. Sembra essere uno di quei birrifici storici rimasti attivi e che utilizza luppoli del Kent per le varie interpretazioni di pale ale e bitter che produce (ne fanno ben 5 oltre a 1 porter per completare la gamma...stop!). 

Oltre al birrificio, sono in possesso di una delle tradizionali Oast House, in cui asciugano direttamente il luppolo delle loro proprietà ed è quindi qualcosa di molto molto apprezzabile (consiglio vivamente di farsi un giro sul loro website e cogliere la bellezza di quest'arte anche dalle foto, oltre che dei dettagli sulle Oast House, sul commercio dei luppoli che è arrivato perfino ad avere una moneta propria, ecc...). 


In particolare, alla spina trovo la loro Traditional, una ordinary bitter davvero di carattere: il naso è catturato da arancia candita, arancia rossa, buccia di mandarino, un filo di te nero e si muove tra agrumato e balsamico con una grande eleganza. In bocca incide un po' sul caramello quanto basta per esaltare il lieve biscottato dei malti, ma anche qui la bevibilità è alle stelle. L'amaro è chiaramente presente ma è bilanciato benissimo dal finale leggermente caramellato che ritorna. Una birra con tutte le carte in regola, senza fronzoli o contaminazioni moderne, che va dritta al sodo e rappresenta splendidamente il lavoro di questo birrificio del Kent. Sono tornato ancora l'indomani e l'ho ritrovata uguale a sè stessa, riapprezzando la sua fattura a più riprese. Grande birra davvero.

Ma...il vero obiettivo per il quale non volevo mancare un salto nel Kent, posso confessarlo, era una visita al The Little Gem. Arrivo nell'abitato di Aylesford e trovata la strada cittadina in cui si trova, capisco perché viene definito "the smallest pub in Kent". Bello e intimo già dall'esterno, si entra e ci si sente in famiglia. Silenzio, piccoli tavolini tondi e qualche panca sul perimetro di una stanza di non più di 20 metri quadri, un bancone all'angolo con 4 bei cask alle spalle e un fascio di rami di luppolo a incorniciarlo.


Il luogo è davvero incantevole, con il solito camino su un lato, una scala per salire al piano superiore dove da un terrazzino piccolo si ha comunque la vista sulla situazione che c'è sotto. 
È uno dei pub di mescita di un altro gran bel produttore del Kent ovvero Goachers Ale di Maidstone. È stato chiuso per circa 10 anni nel recente passato, ma la considererei una pausa accettabile dato che è un pub che risale al 1100 circa...e si vede!


Senza cibo, senza musica...solo pinte e gente che parla sottovoce. Fantastico.
Prendo un po' tutte le birre, a partire dalla Best Dark, una sorta di mild, dai fantastici tostati che si sposano bene con cenni di caramello bruciato e un amaro niente male, anche alquanto luppolato.
Sempre da cask a caduta prendo una Fine Light, una buonissima ordinary bitter, autentica nel contributo di leggero caramello e con qualche fine tostatura finale, dove il luppolo si percepisce un filo in aroma e forse meno del previsto in amaro, ma che nulla toglie alla fattura della birra in sé.
Ma la standing ovation scatta sulla Silver Star, una pale ale molto chiara e molto luppolata. L'aroma è davvero intrigante: nonostante dichiarino ci sia solo Fuggle, anzi un"choice Fuggle" selezionato tra i migliori, risulta un mix di agrumato, pinoso e soprattutto erbaceo pazzesco sia per intensità che per ventaglio aromatico, slanciato da una base molto molto leggera e garbata. Ogni sorso mi ha emozionato, non riuscivo a credere che una semplicissima pale ale potesse nascondere un viaggio sensoriale così. Intuivo le birre di Goachers Ale fossero di quelle serie, anche per il tipo di posto che The Little Gem rappresenta, ma non pensavo così. 


Oltre ai 4 cask alle spalle del publican ci sono 2 handpump sul bancone, ma il luogo è così piccolo e accogliente, con una qualità delle birre che va talmente strabuzzare gli occhi, che ha avuto su di me un effetto simile a quando ho bevuto per la prima volta la Tripel da De Garre: al di là delle ovvie differenze, è stata un'esperienza di quelle che valgono l'intero viaggio e che porterò a lungo con me, piazzando questo come uno dei posti dove più mi sono emozionato bevendo.

Concludo con un altro bel pub, il Duke of Wellington a Ryarsh, dove in quei giorni era previsto un piccolo festival birrario con barbecue, musica e birre ospiti e mi sembrava una buona occasione per provare qualcos'altro. Il Duke of Wellington sembra davvero un bel posto, un pub di campagna originario del 1516 con tantissimi ambienti interni alcuni dei quali arredati in stile moderno in un mix alquanto contemporaneo. Le spine sono tante, dalle handpump locali alle classiche lageracce, ma per l'occasione ci sono un bel po' di cask in più a caduta e diverse birre locali ma dal piglio moderno luppolato.


Non è quello che berrò, ma mi darò su una bitter buona senza particolari picchi come Old Skool, una best bitter molto luppolata di Kent Brewery, abbastanza scura ma non pesantemente caramellata, il che mi piace molto. Assaggio qualcos'altro senza infamia e senza lode ma il posto merita senza dubbio, con angoli di pub dove passarci ore tra divani, birre a pompa e in cask e tanta bella gente che si gode l'atmosfera.

RIFLESSIONI

Dopo un viaggio del genere mi sento decisamente arricchito.
Ho visto pub senza bancone, bevuto tra i local, fatto chiacchiere con qualche publican e ho riassaporato l'atmosfera dei pub.


Ma ho anche imparato qualcosa in più osservando lo scenario che si è venuto a creare attorno alla birra in UK, apprendendo nuove informazioni e consolidando alcune già in possesso:

  • Riguardo ai bicchieri, non sempre si beve dalle famose pint di forma curva, perchè sono ancora molto diffusi i boccali, che portano diversi nomi: mug è il più noto, ma molto diffuso è anche jug e da qualche parte anche il tankard o lantern tankard o ten-sided beer mug. È la versione inglese dei boccali tedeschi, ma con le pareti con leggera conicità, quasi rette. Sarà pure un dettaglio, ma la presenza del manico aiuta la presa e quelle sfaccettature esaltano il colore e la limpidezza. Ne avevo letto in giro soprattutto su Zythophile e non vedevo l'ora di trovarne uno. Davvero bello, ovviamente ora uno è nella mia bacheca a casa!


  • Il servizio, in qualsiasi bicchiere, è sempre quello che conosciamo: pochissima schiuma, un dito o poco meno, che a volte rende davvero difficilissimo portare il bicchiere al proprio posto o alla propria bocca senza sbrodolarsi sui vestiti per come il livello è prossimo all'orlo. Pare davvero una necessità quella di riempirlo così tanto e non una cortesia, è nella cultura birraria inglese senza che se ne veda soluzione.


  • In moltissimi pub, dai più veraci a quelli più curati, l'industria è presente, vuoi spudoratamente con le Heineken che subdolamente con Beavertown o altro crafty. Birre locali ci sono quasi sempre, a volte di produttori più grandi altre di piccoli. Il legante tra queste realtà è la presenza di grossi birrifici che percepiamo diversamente in termini di qualità, vedi Fuller's, Timothy Taylor, Harvey's ecc. Per noi sono i nomi più inglesi che si possano bere, ogni tanto anche su suolo italiano, per gli inglesi sono quasi la normalità, tanto normale che sembra più alternativo buttarsi su Nastro Azzurro, Guinness ecc che sui loro cavalli di battaglia. Incomprensibile per me dal mio punto di vista, ma capisco una sottile voglia di evasione unita al fascino dei grandi brand che fa gola sulle masse. I fatti, purtroppo, stanno così.


  • La nota tutta positiva, però, è che la tradizione dei pub, delle handpump e dei cask a caduta è tutto fuorché scomparsa o estinta. Si legge di cali di consumi nei pub, chiusure, problemi dovuti a maggior consumo a casa, ma l'usanza della birra servita senza anidride carbonica aggiunta e direttamente da cask gestiti dai publican è viva e vegeta e presente ovunque, in qualche modo. Si esalta tutto quando si incontra un contesto di pub rurale, cornice ideale per servizi del genere, che ho avuto felicità nello scoprire e in qualche modo portare alla luce.
    Spero questo sottobosco di tradizionalità continui a resistere e dia, magari, nuova prosperità al mondo birrario inglese, oggi vittima di una voglia di modernità e diviso tra industrie, nuove mode e stravolgimenti vari (vedi polemiche dopo i riconoscimenti alla Abbot Ale al GBBF 2023...birra peraltro alquanto buona bevuta da handpump in aeroporto)


L'obiettivo ora è di non tornarci tra 10 anni ma un po' prima, sempre che si riesca.
Per ora mi basteranno i bei ricordi di questo viaggio.


Cheers!


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