Tra le mura di Harvey's

Tutto cominciò diversi anni fa, quando di passaggio da Atripalda passai dal celeberrimo Ottavonano, patria del vintage ricercato che nessuno era in grado di offrire in Italia e che non ha avuto poi alcun seguito. Tra le varie birre vengo catturato da una imperial stout inglese di cui avevo solo qualche vaga informazione. La bevo e mi si spalanca davanti un mondo. 
Mi ritrovo dopo anni a bere la Sussex Bitter al Market Porter di Londra e ho ancora visioni.
Erano le birre di Harvey's, birrificio di Lewes nel Kent e che andando in UK ho avuto la pazza voglia di visitare.
Nonostante giorni e orari insoliti riesco ad avere un appuntamento al mattino presto, non con un galoppino qualunque ma con Mr Miles Jenner, attuale birraio ed erede di una delle famiglie che gestisce dal 1790 in birrificio.

Inizialmente John Harvey, originario di Londra, era distributore di bevande nel Sussex. Poi dal 1820 cominciò a produrre birre con suo marchio nel birrificio Bear Yard, all'epoca sempre a Lewes e di fronte a quello che poi diventerà l'attuale birrificio Harvey's.
Infatti, in quel tempo gli affari andavano bene e commercializzava birra soppiantando il nome del birrificio ospitante e così escono sul mercato a nome Harvey's diverse birre come Porter, Stout e Mild nei 17 pub sotto sua distribuzione. John Harvey muore nel 1862, di lì a poco anche due dei suoi figli ma il terzo, William Harvey, chiama nel birrificio un birraio londinese di nome Henry Titlow-Barrett, che supervisiona poi la costruzione dell'attuale sede di quello che diventerà il futuro Harvey's in stile vittoriano nel 1881.


Gli affari seguono alti e bassi, fino al 1928, quando Alice May Harvey Smith, quarta generazione della famiglia, viene eletta presidente dell'azienda: i suoi cambiamenti prevedono l'ingresso in produzione di un altro birraio, proveniente da una famiglia che lo fa di professione da quattro generazioni, ovvero il signor Anthony Jenner, direttamente dalla R & H Jenner's Brewery di Londra. Il lungo viaggio fatto di continui miglioramenti culminerà nel 1952 con la vittoria di prestigiosi premi e con un evento decisivo.
Nel 1957, dopo il collasso del produttore locale di lieviti Pure Yeast Company e dopo aver conosciuto le qualità di alcuni lieviti utilizzati da birrifici nello Yorkshire, decide di chiedere e sperimentare la vitalità di un ceppo di lievito proveniente da Tadcaster (località nota per essere anche la patria di un birrificio storico come Samuel Smith's). A quanto pare, le cose andarono molto bene, tanto che quel lievito viene usato ancora oggi, dopo più di 3000 utilizzi, come nel video viene ben spiegato (ma torneremo più tardi sull'argomento).

Il resto lo scopro di persona, dopo aver chiesto via mail se si potesse visitare il birrificio. Il caso voleva che proprio quel giorno ci fosse una visita di gruppo a scopo benefico in tarda mattinata e che finalmente, solo qualche giorno prima di partire in Uk, ricevo una mail in cui mi viene detto che posso visitare il birrificio, specificando che Mr Jenner si sarebbe fatto trovare alle 9.00 "prompt" (in punto!) all'ingresso di Harvey's.


Avendo ormai pianificato che mi sarei trovato a 140 km di distanza la notte prima, parto davvero presto da High Wycombe (moglie, figlia e bagagli vari) in direzione Lewes, bellissima cittadina a una manciata di chilometri dalle bianche coste del sud, con un'atmosfera comunque tipica di una località marina.
Ci scorre in mezzo il fiume Ouse e su una sponda svetta già da lontano la sagoma del birrificio.
Arrivo perfino qualche minuto prima e Miles Jenner, lui in persona, arriva scusandosi perfino!

Una visita che sarebbe durata poco in teoria ma che invece prende un'ora, partendo dai dettagli architettonici di uno dei pochissimi birrifici vittoriani ancora in attività, con tanto di visita della regina Elisabetta II nel 2013. Come tutti i birrifici di una certa età, il modello prevede che tutto il processo parta nel piano più alto e via via si sviluppi attraverso i piani inferiori, seguendo la gravità e sfruttandola per i processi di trasferimento. Perciò nonostante curiosità e anticipazioni, raggiungiamo il tetto e cominciamo a visitare tutto. 
Harvey's ha tante peculiarità, proverò a riassumerle così:

  • Impianto a vapore in rame

    Qui c'è il tino acqua calda, gigantesco, sempre pieno e sempre caldo per le cotte della settimana e di quella successiva (anche se è sabato). Fa davvero caldo perché viene tenuto in caldo letteralmente di continuo per questioni di risparmio e ovviamente è anche ben isolato.
    L'acqua è presa direttamente dalla falda del fiume Ouse, circa 18m al di sotto del piano stradale, poco ritoccata e usata direttamente in birrificio. Pare quest'acqua impieghi perfino 30 anni per raccogliersi nella falda, filtrando lentamente e risultando quindi particolarmente dolce.


    Scendendo al piano inferiore ci sono i grandi tini di ammostamento ed enormi tini filtro per la filtrazione del mosto dalle trebbie esauste, di cui un tino originario e l'altro sempre in rame ma acquisito da un altro birrificio negli ultimi decenni, seppur essendo sempre in rame è perfettamente integrato nel sistema. 

  • Infusione monostep e malti

    L'ammostamento avviene in 2 tini da circa 200 hl (120 barrel) ciascuno ammostamento ed è la classica infusione monostep all'inglese, con aggiunta di acqua e malti e temperatura costante. Sullo stesso piano c'è il magazzino malti, diviso in un'area deposito e l'altra in cui vengono disposti i malti da impiegare nelle cotte imminenti. Bello constatare come la macinazione avvenga il venerdì in vista di tutte le cotte della settimana a seguire e le birre non siano affatto note per essere ossidate o avere difetti in questa direzione, il che fa capire come le cause di difetti devono spesso combinarsi per determinare grossi problemi.


    I malti sono tra i più disparati: non c'è un unico produttore ma ogni birra usa di base un Maris Otter prodotto in esclusiva da Munton's sotto determinate specifiche e altri malti Golden Promise, mentre tra gli speciali solo poche tipologie di malti caramello. Tutto molto semplice.

  • Luppoli e conservazione
     
    I luppoli usati sono solo coni o luppoli in fiore e sono stoccati in sacchi interi in cella. In realtà, però, i sacchi che servono di volta in volta vengono tenuti semplicemente in una dispensa. Le condizioni di conservazione possono far rabbrividire i puristi del luppolo: sacchi aperti da giorni, temperatura ambiente ed esposizione costante all'aria.


    E non si tratta di soli luppoli da amaro, ma anche di quelli da aroma, Sembra bizzarro, ma la spiegazione che mi do è che probabilmente non hanno neppure tempo di rovinarsi tanto che vengono esauriti. oltre al fatto che qualche leggera ossidazione può anche contribuire a far venir fuori altri ulteriormente aromi un po' più terrosi che a volte si riconoscono in alcuni luppoli inglesi. Ho provato anche a sfregarli in mano, l'aroma è davvero molto tenue ma non ho avvertito nulla di riconducibile ad aglio o cipolla, che spesso indicano luppoli vecchi.
    Le varietà utilizzate sono diverse ma sempre nobili o simili: Kent Brambling Cross, Sussex Progress, Goldings, Fuggle, e tutti per niente freschi da 1 a 3 anni, con data e provenienza riportate su lavagna. Non compaiono, stranamente, varietà più note per avere più alfa acidi ed essere utilizzate per l'amaro, ma qui si fa tutto secondo tradizione, senza forzature.

  • Hop Back

    L'altra particolarità di Harvey's è senza dubbio il grande tino per Hop Back. È un metodo che forse non molti conoscono, ma è il baluardo delle birre inglesi, insieme al dry hopping, prima che arrivassero i luppoli americani in dry hopping massicci qualche decennio fa. Consiste nel far passare mosto, dopo la bollitura, attraverso un letto di luppolo in coni, per poi raffreddarlo molto velocemente. In questo modo si ha una solubilizzazione degli oli che subito vengono trattenuti nel mosto per via del rapido raffreddamento, con un effetto che ne esalterà l'aroma a birra finita.


    Per l' Hop Back il tino apposito è in acciaio ed è di ben 600 hl per contenere mosto e tutto il volume di luppolo. In realtà la tecnica combina anche un primo raffreddamento intorno agli 80°C con ricircolo del mosto di circa 20 minuti per l'estrazione dei composti dai luppoli e successivo passaggio negli scambiatori di calore. Non c'è coolship (vasca di raffreddamento) anche se una vasca di raccolta sì, con lo scarico che va a finire in tubi che scendono verticalmente fino ai tini di fermentazione, o meglio, vasche.


  • Fermentazione aperta e lievito

    È qui che si compie la magia più grande, ovvero la fermentazione in vasca aperta. Sono tante e tutte aperte le vasche di fermentazione della capacità di 200 hl circa, a volte usati anche solo per metà in casi di cotta con un tino mash invece che entrambi. Sorprende il loro numero, sorprende quanto siano colmi del krausen, la schiuma che si forma durante le fermentazione, sorprende anche il sistema per raccogliere il lievito. Infatti all'interno ci sono diversi stratagemmi, come una sorta di imbuto (centrale o a volte laterale) che, superato un certo livello di altezza dovuto alla fermentazione, funziona da scarico di troppo pieno e così raccoglie una parte di lievito, raccolto in altri tini per una successiva fermentazione. 


    Inoltre all'interno il mosto può essere raffreddato attraverso delle serpentine che si estendono lungo il raggio delle vasche, tozze e dalla forma cilindrica. Per finire ci sono degli sportellini che scorrendo permettono di aprire le vasche e vedere cosa succede.
    Il lievito è sempre lo stesso dal 1959, mai ripropagato e utilizzato con grande overpitching (mi pare di aver capito 1 pound per barrel, qualcosa come lo 0,2% del volume di mosto, che in effetti sembra abbondante). Il tutto in una sala di fermentazione areata, con diverse porte e finestre, senza particolari premure.


    La birra compie una prima fermentazione di circa 6 giorni a temperature di circa 15°C, per poi subire a fine fermentazione un raffreddamento di 2 giorni circa, finire in brite tank per 3-5 giorni e sapere la sorte: alcune birre vengono rifermentate per cui vanno in cask e bottiglia subito, altre dopo qualche ora in più nel brite tank vengono carbonate forzatamente e poi imbottigliate. Non c'è una regola fissa, ma in base alla birra, alla shelf life da dare e ai volumi si fanno scelte.


  • Laboratorio, filtrazione, pastorizzazione

    C'è da dire anche che le bottiglie subiscono una rapida pastorizzazione flash, ovvero con brevi tempi e temperature intermedie si abbatte la carica residua di batteri o lieviti, per cui il rischio della fermentazione in vasca aperte viene ridimensionato. Ma non per questo non bisogna fare controlli, per cui c'è anche un laboratorio di analisi dove Mr Jenner mi confessa che non hanno mai contaminazioni gravi che condizionano la fermentazione, e se mai ce ne fossero c'è per alcune la pastorizzazione flash. Mi sembra un bel mix di tradizione ragionata.


  • Tasting room

    Uno dei momenti più belli, però, è quando mi concede addirittura di entrare con lui nella personale tasting room, una cella moderatamente refrigerata dove ci sono dei cask a disposizione sua e dei suoi assistenti, solo 3 in tutto il birrificio.
    Beviamo insieme, finalmente, la mitica Sussex Bitter, fragrante come solo lei sa essere.
    E poi una stupenda Dark Mild, pienissima di sapori maltati con complessità e cremosità inspiegabili. Sono cask di lotti che sono stati mandati al GBBF di due settimane prima e hanno ricevuto premi: mi sento in paradiso!


    Bevo anche una buonissima Armada, una golden ale con luppoli Fuggle e Golding, delicatamente fruttata ma ancorata saldamente alla base maltata che ci si aspetta.
    Tutte birre semplicissime ma stellari, letteralmente, che si possono anche bere pochi metri più in là al The John Harvey Tavern, pub distaccato fisicamente ma luogo di mescita ufficiale del birrificio, che all'interno delle mura ha solo un grande e fornito beer shop.

Sono letteralmente colpito dalla visita compiuta.

Un po' per l'onore di essere accolto in questo modo, un po' per la fortuna di visitare un luogo così ricco di storia della birra meravigliosamente portato ai giorni nostri, con pochissima tecnologia ma tanta conoscenza degli ingredienti e del processo da farmi sentire davvero in pace con il presente, a volte carico di mille aspetti da controllare, frutto di un sacrosanto percorso di approfondimento che il mondo della birra ha intrapreso.


A volte bisognerebbe ficcarsi in luoghi del genere per comprendere come fare birra è innanzitutto saper fare, anche al di là dei mezzi a disposizione, con obiettivi che siano pratici e realizzabili, come quello di far bere una comunità e a seguire chiunque ne sappia gestire la qualità presentandola al consumatore.


Per ulteriori approfondimenti lascio qui questo link e questo link, oltre che il link del website Harveys, completissimo.


Visitare Harvey's è stata davvero un'esperienza da brividi.

Cheers!

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